L’isola di Vulcano
Chiamata nell’antichità Therasia e poi Hiera in quanto sacra al dio Vulcano che vi aveva la sua fucina, Virgilio, nell’Eneide libro VIII, di essa dà questa suggestiva descrizione: «Giace tra la Sicania da l’un canto / e Lipari da l’altro un’isoletta / ch’alpestra ed alta esce de l’onde, e fuma. / Ha sotto una spelonca, e grotte intorno, / che di feri Ciclopi antri e fucine / son, da’ lor fochi affumicati e rosi. / Il picchiar de l’incudi e de’ martelli / ch’entro si sente, lo stridor de’ ferri, / il fremere e ’l bollir de le sue fiamme / e de le sue fornaci, d’Etna in guisa / intonar s’ode ed anelar si vede. / Questa è la casa, ove qua giù s’adopra / Volcano, onde da lui Volcania è detta; / e qui per l’armi fabbricar discese / del grand’Enea.». Qui Ottaviano, nel corso della guerra contro Sesto Pompeo nel 38 a.C., pose la sua stazione navale. Disabitata per secoli, Vulcano fu donata dal Gran Conte Ruggero Normanno nel 1083 al Monastero di San Bartolomeo a Lipari. Dopo un periodo di lavorazione dello zolfo, nell’800, il 3 agosto 1888 l’eruzione del vulcano pose fine a questa attività artigianale e l’isola abbandonata. Per essere poi riscoperta, negli anni ’50 del ‘900, dal turismo internazionale.