Colapesce

Una delle tre colonne sulle quali si regge la Sicilia

Antonio Bonfiglio, “Colapesce”, 1930, Municipio (foto Pippo Lacava)

Colapesce è certamente uno dei miti messinesi più celebri cui diversi scrittori, in tutti i tempi, hanno dedicato poesie, saggi, cronache, racconti. La leggenda prese probabilmente l’avvio dalle straordinarie qualità di un pescatore messinese di nome Nicola, realmente vissuto, la cui fama di rimanere a lungo sott’acqua in apnea si diffuse poi rapidamente in Europa.  

La Leggenda

Nel resoconto tramandatoci da fra Salimbene de Adam da Parma (sec. XIII), Cola è un pescatore messinese vissuto nel sec. XIII che riusciva a stare sott’acqua per lungo tempo e per questo motivo gli era stato attribuito l’aggettivo di “pesce”. Il re della Sicilia Federico II, che nel 1233 si trovava con la sua nave alla fonda nello Stretto di Messina presso Torre Faro, volendo mettere alla prova la sua valentia, lo costrinse a scendere più volte nei fondali marini per portare alla luce una coppa d’oro lanciata in un luogo pericoloso dove i gorghi risucchiano le navi. Nicola scese e pescò la coppa. Il re, sbalordito, rilanciò la coppa in un tratto di mare più profondo e ordinò al nuotatore di andar giù per la seconda volta. Cola riemerse nuovamente con la coppa che venne nuovamente lanciata da Federico, in una zona ancora più profonda. Colapesce si immerse per la terza volta ma non tornò più alla superficie. Più tardi, qualcuno narrò che durante la ricerca della coppa si era accorto che una delle tre colonne che reggono la Sicilia stava cedendo. Ancora oggi egli è là, sotto Capo Peloro nella punta di Messina, a sostenere la colonna per salvare l’isola dallo sprofondamento in mare.

LO SAPEVI CHE?

Da 35 anni si tiene annualmente, a Messina, il “Premio Internazionale Colapesce”, "Un riconoscimento a quanti si sono distinti in ogni campo rappresentando le colonne portanti della civiltà contemporanea". L’evento è organizzato dal Centro studi tradizioni popolari “Canterini Peloritani".

Colapesce nella Cronaca Antica

Il primo ad occuparsi di Colapesce fu un poeta provenzale vissuto nella seconda metà del secolo XII, Raimon Jordan, per il quale “Nichola de Bar” è un uomo che vive da pesce. Non è un caso, quindi, che Colapesce faccia la sua prima apparizione nella tradizione scritta come “Nichola” e che col nome di Nicola (o Cola) sia indicato poi nella tradizione scritta e orale. I pescatori messinesi, ad esempio, venerano S. Nicola nella chiesa di Ganzirri a lui dedicata. Tra il XII e il XIII secolo, per il monaco inglese Walter Mapes, “Nicolaus” è un uomo che rimane a lungo immerso nel mare senza bisogno di respirare, intento ad esplorare il fondo marino alla ricerca di oggetti da riportare alla luce. Nel 1210, per l’inglese Gervasius da Tilbury, “Nicolaus” soprannominato “Papa” era un abile marinaio che il re Ruggero II costrinse a scendere nel mare del Faro per esplorarne gli abissi. Francesco Pipino, un frate viaggiatore bolognese, nel suo “Chronicon” del 1239 parla di un giovane che fa vita da pesce da quando un giorno la madre, vedendolo sempre in mare, lo maledisse con stizza. E poi, ancora, ne parlano Riccobaldo da Ferrara (sec. XIV), il domenicano tedesco fra Giovanni Junior, Fazio degli Uberti e Raffaele da Volterra.

Colapesce nella Letteratura

L’umanista Gioviano Pontano (1513) si occupa di Colapesce in un suo poema astronomico-astrologico, “Urania”, dove a “Colas” dedica un centinaio di esametri. Lo spagnolo Pedro Mexia (1542) riferisce di aver sentito raccontare, durante la sua infanzia, di un Pesce-Cola. Di Colapesce si occupano nel ‘500 i siciliani Tommaso Fazello, Giulio Antonio Filoteo degli Omodei, Francesco Maurolico, il milanese Gasparo Bugati, il toscano Thomaso Porcacchi e via via centinaia di altri autori fino al XX secolo. Un riferimento a Colapesce si trova anche nel “Don Chisciotte” di Miguel Cervantes quando scrive che deve saper nuotare“como dicen che nadaba el peje Nicolas o Nicolao”. Nel 1678 il fisico tedesco Athanasius Kircher definisce Nicola “Pescecola” che da bambino rimane fino a cinque giorni in mare nuotando tra la Sicilia, la Calabria e le Isole Eolie. La leggenda di Colapesce è citata dall’inglese Patrik Brydone (1870), dal francese Richard de Saint-Non (1875), da Lazzaro Spallanzani, dai poeti Domenico “Miciu” Tempio (1848) e Giovanni Meli (sec. XIX). Maria Costa, poetessa vernacolare messinese recentemente scomparsa, gli ha dedicato uno dei suoi componimenti più significativi: Colapisci (Colapesce).

Capo Peloro
Località Torre Faro 98164 Torre Faro (ME)