

L’Architettura monumentale nei Palazzi delle Istituzioni
Dopo il terremoto del 28 dicembre 1908 che semi distrusse la città, si pose subito mano alla ricostruzione dei suoi edifici rappresentativi: era il segnale concreto della rinascita, dalle proprie ceneri, di Messina.
Nella circolare piazza Antonello, allineata con altri prospetti architettonici curvi, è stata costruita dal 1924 al 1929 dalla S.A.I.E., (“Società Anonima Imprese Edilizie”). Progettata dall’architetto Camillo Puglisi Allegra (autore, a Messina, anche di Villa Tricomi, Villa Roberto, Camera di Commercio e Palazzo Salvato) e finanziata dalla Società Generale Elettrica della Sicilia (S.G.E.S.) per dare adeguata sede ai propri uffici e creare un importante polo residenziale e commerciale nel cuore della città, in pieno centro storico, fu inaugurata il 13 agosto 1929, contemporaneamente al Duomo ricostruito. All’interno si articola in tre bracci confluenti, al centro, in un esagono chiuso da una volta a cupola vetrata e con tre ingressi. Tutte le volte a botte hanno dei lucernai a vetri colorati; il pavimento è realizzato con tesserine a mosaico dalla “Ceramica Ferrari” di Cremona mentre gli stucchi decorativi sono opera di Antonio Bonfiglio, Giuseppe Ajello e Ettore Lovetti. Il portico centrale, che dà sulla piazza Antonello, ha un monumentale arco segnalato da robuste paraste e da un fastigio sopraelevato, che costituisce l’ingresso principale della Galleria. Nel novero delle Gallerie italiane, questa messinese si inserisce fra la “Vittorio Emanuele II” di Milano (1865-1878); “Mazzini” di Genova (1870-1880); “Umberto I” di Napoli (1887-1890) e le tre di Torino, la “Subalpina” (1873), la “Umberto I” (inaugurata nel 1890) e la “San Federico” (1932-33).
Sulla piazza Antonello si eleva il Palazzo della Città Metropolitana, già della Provincia Regionale detto anche “Palazzo dei Leoni”, che sorge in parte sull’area dell’antico Ospedale di Santa Maria dell’Accomandata del 1460 e in parte su quella della chiesa di San Nicolò dei Gentiluomini dei secoli XVII e XVIII. L’edificio, con un piano terra ed una elevazione, è opera di Alessandro Giunta che, come Ingegnere Capo dell’Ufficio Tecnico Provinciale, lo progettò nel 1912. L’1 marzo 1915 fu posta la prima pietra e l’edificio, realizzato dall’impresa Setti e Basile, fu ufficialmente inaugurato il 21 luglio 1918. In stile eclettico neo-classico con citazioni rinascimentali nelle belle e proporzionate finestre a “serliana “del secondo ordine, prospettanti sulla circolare piazza Antonello, il palazzo venne impostato su un elegante portico, obbligo che ha vincolato anche gli altri tre palazzi che insistono sulla piazza: quello delle ex Poste, del Municipio e della Galleria Vittorio Emanuele III. Le zoccolature perimetrali e le gradinate esterne sono rivestite in pietra di Trapani, e, i cancelli in ferro battuto, furono eseguiti dal messinese La Spada. Il palazzo si caratterizza per la vasta aula consiliare della superficie di 220 metri quadri e un’altezza di 10 metri e per il pregevole “Salone degli Specchi”.
Il Palazzo delle Poste e Telegrafi, costruito nel 1914 su progetto dell'arch. Vittorio Mariani, è stato il primo ad essere realizzato in piazza Antonello e copre un'area di 4600 mq. Anch'esso, come per gli altri tre edifici della piazza circolare, presenta un ampio portico dalle linee classiche a piano terra. Impostati su alte zoccolature in pietra calcarea bugnata, i prospetti presentano un misurato apparato decorativo che, sulla facciata principale, è scandito dalle alte paraste e dalle finestre bifore con balaustra al primo piano. Il grande cortile quadriporticato interno è ispirato al chiostro colonnato cinquecentesco del vicino convento di S. Domenico, crollato con il terremoto del 1908. Nel loggiato curvo, sulle pareti, si notano pregevoli decorazioni in bassorilievo a stucco con puttini allegorici sul tema delle comunicazioni postali e telegrafici, di raffinato gusto liberty. Nel 2003 il Palazzo è stato venduto all'Università di Messina che lo ha adibito a sede amministrativa.
Imboccando la via Primo Settembre, subito dopo aver lasciato Piazza Stazione, s’incontra Piazza Cavallotti sulla quale prospetta il Palazzo della Camera di Commercio. Progettato dall’architetto Camillo Puglisi Allegra, nel 1926 iniziarono i lavori appaltati alla SpA P.A.C.E. che li ultimerà sollecitamente. Il palazzo, nato come “Palazzo dell’Economia e delle Corporazioni”, si compone di un piano terra e due elevazioni, con decorazioni in stile classico. Il secondo piano, a differenza degli altri, è finestrato con balconi ornati da eleganti balaustre; tutta la facciata esterna del palazzo è bugnata con un rivestimento che ricorre su stipiti e paraste. Vi si accede da un’ampia scala, in marmo bianco, che conduce a tre ingressi ad arco sormontati da balaustre con balconate e chiusi da tre grandi cancelli decorati in ferro battuto. Superando l’ingresso principale si perviene ad un vestibolo, dove, in apposite nicchie, sono sistemati sei bassorilievi bronzei di illustri personaggi messinesi (Mario Giurba, Guido delle Colonne, Antonello, Filippo Juvarra, Francesco Maurolico, Giuseppe Seguenza), opere dello scultore Antonio Bonfiglio. Dai lati del vestibolo partono due scalinate in marmo che conducono al piano superiore. Il palazzo, fra le tante opere d’arte, custodisce il dipinto di Gregorio Panebianco “La resa della Cittadella” (1892), il busto di Umberto I di Scarfì e i due bassorilievi allegorici di Gaetano Russo raffiguranti “Industria e Commercio” e “Arte e Scienza”, commissionati nel 1906 per essere sistemati nella facciata dell’antico Palazzo Camerale, recuperati dopo il sisma del 1908.
Il Palazzo della Dogana fu progettato, nel 1911, dall’”Ingegnere di 2° Classe” del Corpo Reale del Genio Civile Luigi Lo Cascio e realizzato tra il 1916 e il 1919. Nella città atterrata dal terremoto, che risorgeva come l’araba fenice dalle proprie ceneri, la Regia Dogana di Lo Cascio enfatizzava e al tempo stesso auspicava la ripresa economica di Messina, quella ripresa che ne aveva fatto il grande emporio dei commerci nel Mediterraneo nella sua storia millenaria; e lo ribadiva nell’apparato simbolico-decorativo della facciata in via Primo Settembre con le teste alate del dio Mercurio e ai suoi lati caducei, sormontanti i tre ingressi principali, e un elaborato e monumentale fastigio sommitale centrale con un piccolo Mercurio ritto sulla prua di una nave che con gesto d’imperioso comando, a dispetto di Scilla e Caridddi e dei gorgosi flutti marini, conduceva i commerci felicemente in porto sotto la sua ala protettiva, così com’era sempre stato. Sul prospetto lato mare si arricchisce di una splendida cancellata in ferro battuto intercalata da colonne lisce in ghisa, con capitelli che sorreggono le travature di una grande tettoia, sempre in ferro, di epoca ottocentesca.
Realizzato nel 1924 su progetto dell’ing. Giuseppe Cobolli Gigli (Trieste, 28 maggio 1892 – Malnate, 22 luglio 1987), è una bell’esempio di architettura eclettica che si ispira al neoclassicismo con contaminazioni dell’architettura romana e greca. Interessanti e originali i capitelli delle alte e slanciate paraste e le antefisse di sapore classico che coronano il parapetto del terrazzo di copertura.
Nel clima febbrile di ricostruzione della città dopo il sisma del 28 dicembre 1908 e con l’obiettivo di conferirle dignità architettonica, s’inserisce la realizzazione del Palazzo Arcivescovile che sorse sulla stessa area occupata da quello antico originario andato distrutto dal terremoto del 1908. Il progetto per l’edificazione del nuovo complesso venne affidato all’ing. Enrico Fleres che lo redasse il 12 gennaio 1915. I lavori di edificazione iniziarono tra il 1919 e il 1920, appaltati alla ditta Interdonato, e furono ultimati il 25 ottobre 1924. Toccò all’arcivescovo Angelo Paino inaugurare il maestoso complesso il 28 novembre 1924. L’ing. Fleres, nel progettarlo, si ispirò all’architettura rinascimentale e manierista.
(foto Roberto Principato)