

Splendido esempio di architettura eclettica del neoclassicismo
Il 28 dicembre 1914, a sei anni esatti dal terribile sisma del 28 dicembre 1908, veniva posta la prima pietra del nuovo Palazzo Municipale. La pergamena beneaugurante recava il testo redatto da Tommaso Cannizzaro: “Auspice il civico consiglio Messina per VI anni sepolta tra le proprie rovine, colloca oggi la prima pietra del nuovo Palazzo Municipale, iniziando la resurrezione e l’era novella dell’eroica città dei secoli XIII, XVII e XIX acciò santificata dal sacrificio e dal martirio, trionfi della ferocia, della natura, della ingiustizia degli uomini e splenda più bella e gloriosa negli annali della civiltà.”.
Palazzo Zanca, sede del Municipio di Messina, prende questa denominazione dal suo progettista, l’architetto palermitano Antonio Zanca (1861-1958) che il 9 aprile 1912 ne ricevette l’incarico con deliberazione del Regio commissario cav. Alessandro Salvadori. Dopo l’approvazione del relativo progetto, nel 1914 si diede inizio ai lavori che si protrarranno a lungo, sia a causa del Primo conflitto mondiale e sia per la complessità ed il costo dell’opera. Soltanto il 26 luglio del 1924 si pervenne all’inaugurazione del monumentale edificio, anche se ancora parzialmente al rustico e col padiglione principale non ultimato. Fu nel 1935, a ventuno anni dalla posa della prima pietra, che il palazzo poté dirsi completato anche se mancante, ancora, delle rifiniture della grande Sala Consiliare. Nella sua seconda visita a Messina, il 10 agosto del 1937, il capo del Governo Benito Mussolini parlò ai messinesi assiepati in piazza Municipio da un grande palco allestito in forma di prua di nave, cui si accedeva dal balcone al primo piano del Salone di Rappresentanza. Durante il Secondo conflitto mondiale, dal 29 luglio al 17 agosto 1943, l’edificio fu più volte bombardato dagli aerei anglo-americani.
L’Unione Europea è nata a Messina su iniziativa del ministro Gaetano Martino durante la Conferenza a Palazzo Zanca dall’1 al 3 giugno 1955. Parteciparono i sei ministri degli Esteri Ceca Jan Willem Beyen, per i Paesi Bassi; Paul-Henri Spaak, zio di Chaterine Spaak, per il Belgio; il messinese Gaetano Martino per l’Italia; Antoine Pinay per la Francia; Joseph Bech per il Lussemburgo e Walter Hallstein per la Repubblica Federale Tedesca. I padri fondatori della Comunità Europea si riunirono nel Salone di Rappresentanza, oggi Salone delle Bandiere
Costato 18 milioni di lire con una superficie di oltre 12 mila metri quadrati Palazzo Zanca, architettonicamente, interpreta quei canoni formali e stilistici della corrente eclettica che a Messina ebbe grandissima diffusione. Antonio Zanca spoglia, però, il suo edificio da vistosi orpelli decorativi ispirati agli stili del passato, adottando un misurato classicismo neorinascimentale dove i motivi ornamentali sono strettamente funzionali a citazioni delle tradizioni locali: le figure allegoriche sul timpano raffiguranti la “Regina del Peloro” e due sirene, sculture permeate di grande classicità (opere del messinese Antonio Bonfiglio); i grandi bassorilievi con le eroine dei Vespri Siciliani Dina e Clarenza; i delfini raffrontati nei capitelli in pietra artificiale delle paraste alludenti alla vocazione marinara della città; le prue di navi da guerra rostrate nei coronamenti perimetrali degli attici. Il classicismo di Antonio Zanca non era più un “classicismo di maniera” ma una trasposizione dal moderno in forme che solo marginalmente evocavano il mondo classico; un telaio architettonico dal grande rigore ed equilibrio formale sul quale la città raccontava l’orgoglio della sua millenaria storia e le sue fortune derivate dal mare.
Sui cancelli d’ingresso campeggia questa scritta che ricorda un episodio glorioso della storia di Messina. Alla morte dell’imperatore Teodosio, l’impero romano venne assegnato ai suoi figli: Onorio ebbe la parte occidentale, Arcadio quella orientale. Nel marzo del 407 i Bulgari si sollevarono e cinsero d’assedio Tessalonica, l’odierna Salonicco, costringendo Arcadio ad uscire da Bisanzio (poi Costantinopoli) per difendere la città minacciata. Dopo una furiosa battaglia, i Bulgari costrinsero Arcadio e la sua cavalleria a riparare dentro Tessalonica. L’imperatore, in condizioni di prigionia e con seri problemi di vettovagliamento, inviò messaggi di aiuto per nave a Taranto, Brindisi, alla Puglia e ai Veneti. Nessuno volle intervenire e soltanto lo Stratigò messinese, Metrodoro, armò 17 navi, fece rotta verso Tessalonica e dopo una sanguinosa battaglia navale, sbarcò decimando i Bulgari. Riconoscente per l’aiuto, Arcadio condusse con sé a Bisanzio lo Stratigò e i nobili messinesi. Qui, in presenza della sua Corte e del popolo, elesse Messina città principale dell’Impero, col titolo di “Protometropoli della Sicilia e della Magna Grecia” e consegnò a Metrodoro un vessillo con la croce d’oro in campo rosso, insegna imperiale che da allora divenne lo stemma di Messina. Per lasciare imperituro ricordo di questo avvenimento, Arcadio fece scolpire sul minareto della chiesa di Santa Sofia l’arma imperiale col motto: Pollè charis tê Messenê che tradotto significa Gran mercé (o mirci) a Messina, e, quindi, “Grandi grazie a Messina”.