Gli “Snack contadini”

I prodotti gastronomici dell’antica saggezza e sapienza siciliana

 Gli “Snack contadini” - Messina

Pomodori secchi

Prodotti eminentemente siciliani che si preparano da tempi antichi, il sole caldo isolano è infatti l’agente fondamentale per la loro preparazione. Tagliati a metà, vengono disposti sopra “’u scannaturi”, un graticciato rettangolare una volta di canne posizionato sul balcone di casa e cosparsi di sale per essere esposti al sole tutta la giornata. La sera, coperti, vanno portati in luogo asciutto per essere nuovamente esposti al sole, l’indomani, e così per otto giorni girandoli al quinto. Completata l’essiccazione, si lavano con acqua mista ad aceto e lasciati ancora esposti al sole per altri due giorni. Finito il ciclo, si versano in vasetti di vetro ricoperti con olio extravergine di oliva, spicchi d’aglio, peperoncino, origano e timo e lasciati a riposare in luogo fresco per almeno due settimane. Ne verrà fuori un prodotto dal gusto delicato e intenso, ideale come antipasto, come condimento del “Pani cunzatu” ma anche per la pasta col “capuliatu” (tritato).

 

Carrube

“U sceccu chi mancia carrubbi si leva u viziu quannu mori” (“L’asino che mangia le carrube si leva il vizio quando muore”), così si dice a Messina e in Sicilia di persona ostinata. Ed anche, “Perdiri u sceccu cu tutti i carrubbi” (“Perdere l’asino con tutte le carrube”), cioè perdere tutto, rimanere sul lastrico. Le carrube (dall’arabo kharrub), che sono il frutto dell’omonimo albero spontaneo, sono infatti diffusissime in Sicilia al punto da costituirne un prodotto tipico. Anche se oggi non vengono tenute in grande considerazione perché ricordano i tempi brutti della guerra quando sostituivano la farina di introvabile grano, tuttavia le carrube hanno proprietà antidiarroiche oltre ad espletare azione antisettica sui batteri patogeni dell’intestino. In Sicilia, con la polpa di carruba, si prepara una bevanda ottima per la cura della tosse, del catarro e dell’influenza e, in cucina, la sua farina aggiunta al grano duro è un ottimo ingrediente per preparare la pasta in casa. Farina che si usa in sostituzione del cacao per la preparazione di torte, biscotti e gelati. Oggi, nelle farmacie ma anche nelle dolcerie, è possibile acquistare le rinomate “caramelle a carruba”. Un’unica raccomandazione: le carrube vanno raccolte ancora morbide perché, se seccate dal sole, come si dice in Sicilia “saranno buone solo per farci i rosari” come usavano, una volta, fare le suore.

“Cunsebba”

Nella cultura contadina la preparazione della “cunsebba” (conserva) era attività di esclusiva competenza delle donne contadine che, con sapienza antica, conservavano gli ortaggi di stagione per essere consumati tutto l’anno sotto sale (“sammura”, salamoia), sott’aceto, essiccati. Un autentico rito, quelle delle conserve, da celebrare comunitariamente fra un taglio di ortaggi e sminuzzamento di odori, fra una chiacchierata e l’altra. La “cunsebba” di pomodoro è senz’altro quella più diffusa, sia essa con pelati che con concentrati o con passate. “U strattu ‘i pumadoru” (estratto, concentrato di pomodoro), nella tradizione, viene preparato in estate lavando i pomodori, tagliandoli a metà e mettendoli a scolare per una giornata capovolti. Quindi si versano in una pentola e fatti cuocere con fettine di cipolla. Finita la cottura, il composto si passa al setaccio e si sistema in piatti per esporli al sole, mescolando con continuità. Una volta asciutto e consistente, il prodotto viene impastato a mano con l’aggiunta di olio d’oliva extravergine e, alla fine, vengono riempiti vasetti o bottigliette di vetro con l’aggiunta di foglie di basilico e ancora olio di copertura. In Sicilia sono pregiate e diffuse anche le conserve ittiche (tonno, acciughe, sarde, pesce spada) sottosale, sottaceto o affumicate.  

Sottolio

I prodotti conservati sottolio, in Sicilia, si caratterizzano per genuinità, generosità e qualità. Sono l’asso nella manica in caso di emergenze culinarie perché consentono di preparare in tempo reale “Pani cunzatu”, bruschette o appetitosi antipasti. L’estate è la stagione ideale per preparare i sottoli di peperoni, melanzane, peperoncini, zucchine, da conservare in vasetti di vetro opportunamente sterilizzati con acqua bollente e chiusi ermeticamente con coperchio metallico. A Messina, da “Don Minico” alle “Quattro Strade” sui Colli Sarrizzo, oltre a gustare la celeberrima “Pagnotta ‘a disgraziata, sono prelibati i sottoli di “mulinciani” (melanzane), di “pumadoru sicchi” (pomodori secchi), carciofini, olive bianche schiacciate e in salamoia e il prodotto principe, il Misto alla Disgraziata” (olio di semi di girasole, melanzane, carciofi, pomodori secchi, capperi, alloro, peperoncino, aglio, origano, sale, aceto di vino). 

Lupini

Detto anche lupino bianco (Lupinus albus Linneo, 1753), è un legume che possiede ottime proprietà benefiche per la salute anche se poco o per niente presente nelle tavole degli italiani. Un’espressione tipica siciliana è “va cogghiti o vinniti i luppina”, cioè “vai a raccogliere o a vendere i lupini,  con riferimento al loro scarso valore economico e quindi una maniera scherzosa (ma non troppo) di augurare a qualcuno una futura attività di poco o nessun prestigio. Giovanni Verga cita questo antichissimo legume ne “I Malavoglia” : “Sulla riva c’era soltanto padron ‘Ntoni, per quel carico di lupini che ci aveva in mare, colla Provvidenza e suo figlio Bastianazzo per giunta, e il figlio della Locca, il quale non aveva nulla da perdere lui, e in mare non ci aveva altro che suo fratello Menico, nella barca dei lupini […]”. Il lupino, la cui coltivazione è diffusa soprattutto in Sicilia, è ricco di proteine e adatto ai celiaci essendo privo di glutine, oltre a ridurre i livelli del “colesterolo cattivo” nel sangue e combattere il diabete. In tempi di carestia, i contadini ne costituivano un unico pasto perché i lupini hanno una proprietà particolare: controllano il senso di fame e l’introito di cibo. In Sicilia i lupini si acquistano soprattutto dai venditori ambulanti che li forniscono in coni di carta (“cuppini”), e consumati come snack da passeggio durante le feste tradizionali.  

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