

Da Torre d’avvistamento a Lanterna-guida di chi va per mare
In uno dei luoghi simbolo più antichi di Messina, la Penisola Falcata di San Raineri, dal XVI secolo si erge a sfidare i marosi e i pericolosi gorghi di Cariddi.
La Torre di San Raineri esisteva già nel sec. XIII, citata in un documento del 31 agosto 1273 contro le incursioni nemiche, conservato all’Archivio di Stato di Napoli. Non esisteva invece la lanterna, sostituita da fuochi (“fani”) di segnalazione. In un diploma del 26 giugno 1291 risulta che con la torre esisteva una chiesa dedicata a S. Raineri e la lanterna era accudita da Fra Giovanni da Messina con alcuni compagni. Nel 1310 la Torre prende ufficialmente il nome di “lanterna”. Edificata, l’attuale, nel 1555 su progetto dell’architetto e scultore toscano Giovan Angelo Montorsoli che probabilmente utilizzò parte della struttura della preesistente Torre risalente al XIII secolo, l‘immagine architettonica cinquecentesca della Lanterna è rimasta integra fino ad oggi, se si escludono la base fortificata con una spessa cortina muraria munita di aperture a feritoia, aggiunta dai francesi nel 1676 durante la rivolta antispagnola del 1674/78, e il corpo di fabbrica sommitale a pianta ottagonale regolare, intonacato a strisce bianche e nere che contiene il meccanismo della Lanterna costruito nell’800, sulla scia delle trasformazioni in fari delle antiche torri fortificate d’avvistamento.
L’unica porta d’ingresso, sopraelevata, recava scolpita su una lapide marmorea andata perduta un’iscrizione dettata da Francesco Maurolico che faceva riferimento alla “Turrim Galofarum”: la denominazione si riferiva all’impetuoso gorgo che si forma ancora oggi presso la Torre della Lanterna e che è stato sempre comunemente inteso col nome dialettale “Galoffaru” (garofano).
A forma di piramide tronca, si sviluppa su tre piani che accolgono altrettante camere sovrapposte a pianta quadrata coi soffitti voltati a crociera, collegate fra loro da una scala a chiocciola in pietra ricavata nel notevole spessore murario (mt. 3,50 circa) e che conduce alla terrazza dove si trova la sovrastruttura ottagonale. E’ caratterizzata da un elegante apparato murario in pietra a bugnato che, insieme all’ordine gigante, saranno alcuni dei temi dell’architettura civile e religiosa che nella seconda metà del XVI secolo introdurranno a Messina gli scultori-architetti toscani immigrati quali Andrea Calamech, Camillo Camilliani, lo stesso Montorsoli, che porteranno i modi figurativi delle esperienze manieristiche romane e fiorentine. Nella torre della lanterna, manufatto con funzione squisitamente militare, il Montorsoli inserisce elementi decorativi scultorei nelle finestre a lunetta con doppia strombatura, che, nella serie ben ritmata di archi concentrici ad aggetto progressivo e nell’apparato dell’arco bugnato a “fornice”, creano una felice e poco usuale commistione fra architettura militare e civile, indicativa di un nuovo linguaggio formale e compositivo tardo-rinascimentale.
Placido Samperi, nella sua “Iconologia della Gloriosa Vergine Maria Madre di Dio” del 1644, narra di “[...] un romitello per nome Rainerio che in una capanna conduceva vita solitaria nello stesso luogo dove sorgerà la torre della “lanterna””. Quando c’era burrasca quest’eremita usciva dal suo eremo con una lanterna in mano e segnalava ai naviganti le insidie dei gorghi “Cariddi” e “Garofalo”. San Raineri, pisano, dopo una vita giovanile scellerata, trascorse il resto dei suoi anni nella più austera penitenza e nella preghiera. Di ritorno da un pellegrinaggio in Terra Santa, per espiare i suoi peccati, si fermò a Messina e fu ospite del monastero basiliano del SS. Salvatore dei Greci (dove oggi sorge il Castello del Santissimo Salvatore). Qui compì anche un prodigio in un’osteria vicina al monastero. Si racconta che l’oste allungava il vino delle sue botti con notevoli quantità di acqua, ciò che provocava le lamentele degli avventori. Raineri rimproverò l’oste che si dichiarò innocente, poi fece versare del vino in una conca del suo mantello. Qui ne rimase soltanto una piccola parte, rosso e profumato, mentre il resto formò a terra una chiara pozzanghera d’acqua. Morì il 17 giugno 1161.