Nell’incanto di Morgana

La Fata sorella di re Artù e Messina

Fata Morgana, dipinto di Frederichk Sandys (1864), Birmingham Art Gallery

Chi ha avuto la fortuna di osservare questo strepitoso fenomeno ottico sul mare dello Stretto di Messina, ne ha riportato sempre l’impressione di qualcosa che ha del magico e del favoloso. Ne fu così colpito nel 1648 il sacerdote Ignazio Angelucci che, non senza qualche esagerazione giustificata dall’entusiasmo e dall’emozione del momento, scrisse una lunga lettera a Padre Leone Sancio della Compagnia di Gesù a Roma, narrandogli con dovizia di particolari l’”arcana apparizione” cui aveva assistito trovandosi a Reggio Calabria.

La testimonianza di padre Ignazio Angelucci nel 1648

“In occasione, che sia caldissimo il giorno, e quietissimo il mare, si alza certo vapore che i nativi del luogo chiaman Morgana, e meglio si può chiamare Teatro, nel qual si mostra in mille scene ogni più bella sorta di prospettiva […]. Il mare che bagna la Sicilia si gonfiò e diventò per dieci miglia in circa di lunghezza come una spina di montagna nera, e questo della Calabria spianò e comparve in un momento un cristallo chiarissimo e trasparente […] In questo specchio comparve subito di colore chiaroscuro una fila di più di 10 mila pilastri d’uguale larghezza e altezza, tutti equidistanti e d’un medesimo vivissimo chiarore […] In un momento poi i pilastri si smezzarono di altezza e si arenarono […] e restò semplice specchio il resto del mare; ma per poco, che tosto sopra l’arco si formò un gran cornicione. E poco sopra del cornicione si formarono castelli reali in quantità […] poscia le torri si cambiarono in Teatro di colonnati, ed il Teatro si estese e fecene una doppia fuga: indi la fuga dei colonnati diventò lunghissima facciata di finestre di dieci fila: della facciata si fè varietà di selve, di pini e cipressi eguali, e di altre varietà di alberi; e qui il tutto disparve, ed il mare con poco di vento tornò mare”.

LO SAPEVI CHE?

Di questa fantastica città, Athanasius Kircher (Geisa, 1602 – Roma, 1680, gesuita, filosofo e storico tedesco) ne parla riferendo di averla vista riflessa in un ideale, enorme specchio che con la cima poggiava sulla montagna e col piede sul lido della Calabria; alcuni asseriscono di averla osservata, addirittura, nelle profondità marine, in un momento in cui il mare era particolarmente limpido e trasparente.

La Fata Morgana e il Gran Conte Ruggero, a Messina

In un sereno giorno del 1060, il normanno Ruggero d’Altavilla cammina lungo la spiaggia calabrese e osservando la costa peloritana pensa a come liberare i messinesi dal giogo musulmano. Improvvisamente, dalle profondità marine emerge una bellissima donna che nello Stretto di Messina ha il suo palazzo: è la Fata Morgana, sorella di Re Artù d’Inghilterra. Ruggero la vede salire su un carro tirato da sette cavalli bianchi quando la Fata, accortasi di lui, lo invita a salire per condurlo in Sicilia dove c’è un esercito pronto a combattere contro gli Arabi. Ruggero sorride e risponde: “Ti ringrazio dell’aiuto ma la Madonna e i santi mi proteggeranno e riuscirò a vincere, senza ricorrere alle magie che tu vuoi mettere al mio servizio”. Morgana per tre volte agita la sua bacchetta e lancia in mare tre sassi. Nel punto dove essi si inabissano, appaiono in superficie castelli, palazzi, strade e foreste. “Ecco la Sicilia! Raggiungi Messina e vi troverai un esercito con cui sconfiggere gli infedeli”. Ruggero ancora una volta rifiuta l’offerta della Fata. Morgana non insiste più. Agitando la sua magica verga fa sparire castelli, case, strade e vegetazione; poi, col suo carro, si muove incontro al sole che sta inondando di luce lo Stretto e si dirige verso l’Etna.

La Fata Morgana e gli storici

Non mancano altre, autorevoli testimonianze del fenomeno. In antico, Damascio narra di aver visto nel mare dello Stretto “Eserciti d’Uomini a cavallo, ed a piedi, mandrie di bestiami, selve […]”. Cornelio Agrippa scrive che “[…] soffiando il vento di scirocco l’aria si addensa in piccole nubi nelle quali, come in uno specchio, si riflettono immagini molto distanti di accampamenti, di monti, di cavalli, di schiere, e di altre cose […]”. Tommaso Fazello, nel 1574, scrive: “Cessata la tempesta e quetata l’aria […] si vedono in aria varie immagini d’animali e d’uomini, alcune delle quali stanno del tutto ferme, alcune volte corrono per l’aria, alcune par che combattano tra loro […]”. Nel 1773, Antonio Minasi fu il primo a distinguere tra “Morgana marina, quando si osserva nel mare; Morgana marina aerea quando la rappresentazione è nel mare e nell’aria; Morgana d’iride fregiata quando si presenta di diversi colori sulla superficie del mare”. Ancora nel Settecento, testimoni furono i sacerdoti Giuseppe Scilla e Domenico Monforte e nell’Ottocento, Pietro Ribaud (1809) e Padre Giuseppe Caprì (1874). Un fenomeno così suggestivo e di grandissimo effetto da essere descritto, addirittura, in un poema, “l’Adamo”, opera del famoso filosofo e poeta settecentesco Tommaso Campailla.

Messina
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