Elpide

Una grande innografa messinese del V secolo dopo Cristo

Ignoto, presunto ritratto di  Elpide, Messina, Museo Regionale

Dotta poetessa e donna di immensa virtù e pietà, Elpide è stata citata da diversi storici fra i quali Giraldus Cambrensis (Manorbier, 1146 – Hereford?, 1223), Jacopo da Varazze (Varazze, 1288 – Genova, 1298), Cesare Baronio (Sora, 1538 – Roma, 1607), Gerhard Johannes Voss, conosciuto anche come Vòssio (Heidelberg, 1577 – Amsterdam, 1649). Secondo alcuni storici fu figlia di Simmaco, senatore romano, ma in realtà fu figlia del nobile Tito Annio Placido e sorella di Faustina, madre del santo martire messinese Placido.

La Vita

Elpide, nota anche come Elphe Elpis (MessinaV secolo d.C. –Roma504), era sorella di Faustina che andò sposa al senatore Tertullo Flavio e fu mamma dei quattro santi martiri messinesi San Placido, Sant’Eutichio, San Vittorino e Santa Flavia, torturati e uccisi dai saraceni (le loro reliquie si conservano nella chiesa di San Giovanni di Malta). Elpide è passata alla storia per la grande cultura profusa nelle sue poesie e inni sacri in latino. Nel 480 sposò il grande filosofo Anicio Manlio Severino Boezio (Roma, 475/477 –Pavia, 524/526) le cui opere hanno esercitato una profonda influenza sulla filosofia cristiana del Medioevo collocandolo tra i fondatori della Scolastica. Elpide morì nel 504, probabilmente a Roma perché in questa città si trovava il suo epitaffio collocato sul portico della Basilica di San Pietro in Vaticano, successivamente trasferito nella Basilica di San Pietro in Ciel d’Oro a Pavia, dov’è sepolto il marito. Nell’epitaffio si legge Dicta fui Siculae regionis alumna” (fui chiamata figlia della terra siciliana). Su questa sua sepoltura, riferiva nel 1668 Placido Reina: “D’Elpi, o Elpide abbiamo il comun consentimento, che sia stata Siciliana: ma oltre a ciò antica è appresso noi la fama d’essere cittadina Messinese”.  

LO SAPEVI CHE?

L’inno sacro della tradizione liturgica cattolica Aurea Luce et decore roseo”, composto da Elpide per i Primi Vespri della festa dei SS. Pietro e Paolo e commemorante il loro martirio nel nome della fede, si trova nei manoscritti sin dal X secolo. Rimaneggiato poi nel 1632 dai correttori di Urbano VIII, nel 1993 è divenuto l’incipit dell’Inno Nazionale del Vaticano.

Gli inni

A Elpide sono attribuiti 5 inni sacri latini, 3 dei quali sono inclusi nel Breviario romano: "Quodcumque in orbe nexibus revinxerit","Beate Pastor Petre" e "Aurea Lux et decore roseo". Tra quelli che attribuirono ad Elpide questi Inni vi fu il cardinale San Giuseppe Maria Tomasi (Licata, 1649 – Roma, 1713). Basandosi sugli Inni “Felix per omnes festum mundi cardines” e “Aurea Lux”, il poeta Lope de Vega (Madrid, 1562 – Madrid, 1635) sostenne che si deve ad Elpide l'invenzione dell'eptasillabo. Altro inno è “Roma nobilis”. In occasione dei Vespri Solenni per la commemorazione di San Paolo, nella sua omelia del 30 giugno 1961 diretta alla Patriarcale Basilica Ostiense, il Pontefice Giovanni XXIII proclamato santo il 27 aprile 2014, ebbe a dire: “Ebbene, che cosa vogliamo ancora dire a San Paolo nella celebrazione centenaria del suo arrivo a Roma, dove ha già avuto una manifestazione degna, molteplice e solenne di ammirazione e di culto? È con lieto compiacimento che abbiamo seguito in spirito le varie segnalazioni promosse e organizzate dal fervore del Comitato esecutivo e degli incliti Monaci di questa gloriosa Abbazia Ostiense. Per la dignità del compito di custodire la tomba di San Paolo attraverso i secoli, questa Abbazia può appropriarsi alcune parole dell'inno di Elpide: Roma felix... tu purpurata ceteras excellis orbis una pulchritudines.”.

Il ritratto marmoreo conservato al Museo Regionale di Messina

Nel 1643 a Palermo, presso il Collegio Massimo dei Gesuiti , fu ritrovato un rilievo marmoreo che si ipotizzò raffigurasse Elpide. A seguito di tale ritrovamento il Senato messinese chiese ed ottenne il trasferimento del rilievo a Messina dove fu collocato nel Palazzo Senatorio. In basso venne aggiunta un’epigrafe che indicava in Messina la città natale di ElpideSul rilievo marmoreo della presunta Elpide oggi custodito al Museo Regionale, la storica dell’arte messinese Alessandra Migliorato ha dedicato un approfondito studio nel quale rileva significative affinità con una serie di profili opere dello scultore Vincenzo Grandi (Vicenza, 1493 – Padova, 1577-78).“A questi rilievi – scrive la studiosa - attribuiti allo scultore padovano Vincenzo Grandi, la scultura messinese si può confrontare innanzitutto per l’impostazione austera, che nulla concede al gradevole o al lezioso e per la foggia dell’abbigliamento decisamente estranea all’antico. Interessanti analogie si individuano, inoltre, nell’inconsueta collocazione dell’iscrizione greca ai due lati del ritratto, nella precisa ricerca di elementi oggettivi e di caratteristiche individuali del personaggio, nello spessore volumetrico del rilievo, privo di tensione plastica, oltre che in alcuni dettagli del costume, come la grande fascia sul capo che chiude il velo di Elpide”.

Messina
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