

L’Archimede di Messina
“[...] e da ogni parte e da luoghi lontanissimi qui venivano, spinti dal desiderio di conoscerlo ed ascoltarlo […] Messina generò anche te, o Maurolico, perchè la Sicilia non si gloriasse soltanto dell'antico saggio siracusano (riferendosi ad Archimede)”: così si legge nell’epigrafe latina sul sarcofago che custodisce i suoi resti mortali, nella chiesa di San Giovanni di Malta a Messina. Francesco Maurolico fu un genio del ‘500 e si occupò egregiamente di geometria, ottica, meccanica, idraulica, architettura, medicina, scienze naturali, fisica, musica e fauna marina dello Stretto.
Nacque a Messina il 16 settembre 1494 da genitori di origine greca. Ordinato sacerdote nel 1521, sette anni dopo gli venne conferito l’incarico di insegnamento pubblico di discipline scientifiche ed iniziò un’intensa attività di scrittore, con un centinaio di pubblicazioni di vario argomento. Costruì quadranti, astrolabi, congegni idraulici, orologi ed altri strumenti di studio e d’osservazione. Divenuto Abate del convento di Santa Maria del Parto presso Castelbuono nel 1550, nel 1569 venne nominato Lettore di Matematiche presso il Collegio messinese dei Gesuiti, l’antica Università. Morirà il 21 luglio 1575 nel Casale messinese della SS. Annunziata. Scriverà in proposito l’omonimo nipote nella “Vita” (1613): “[…] tre giorni prima del suo transito, sopra la cresta (che chiamano) dell’ulivo, nell’istesso podere, apparve una cometa con fiammante Crine, e minaccioso aspetto ch’empì tutti, che la miravamo, di spavento, e timore, e poscia al suo spirare subito mancò. Lo cipresso tanto celebre per l’antichità, et altezza, ch’era quivi nella paterna villa, tosto ch’ei rese lo fiato, e l’anima al suo Creatore, con istrano prodigio s’inchinò verso il suolo […] et otto di dopo la sua morte si rizzò su, ritornando al suo sesto e drittura naturale.”.
Uno dei più antichi crateri degli altopiani meridionali della Luna, il cratere “Maurolycus” formazione circolare di 117 km di diametro, è stato così denominato in suo onore dall'astronomo gesuita Giovan Battista Riccioli nel 1651. La sua formazione risale al periodo Nectariano (da -3.92 miliardi di anni a -3.85 miliardi di anni).
Delle sue tante opere, fondamentale è il “Sicanicarum rerum compendium” (1562), storia della Sicilia, oltre a “Grammaticorum rudimentorum libelli sex” (1525); “Cosmographia de forma, situ, numerosque coelorum et elementorum” (1543); “Vita Christi Salvatoris eiusque Matris Ven.” (1555); “De divisione ortium" (1554); "Martirologio" (1568);“Opuscola mathematica” (1575); “Conicorum apollonii pergaei” (postuma, 1654) sulle sezioni coniche; "Problemata mechanica" (postuma 1613);“Photismi de lumine et umbra”(1521);“Diaphana” (1523-1552); “Arithmeticorum libri duo” (1575); “De momentis aequalibus” (completato nel 1548 e pubblicato postumo nel 1685); “De Sphaera Liber Unus” (1575). Nei suoi studi di matematica modificò con aggiunte le opere di Archimede, Apollonio di Perge, Autolico di Pitane, Teodosio di Bitinia, Menelao di Alessandria. Diede quindi alle stampe una “Grammaticorum rudimentorum libelli”, a Messina, nell’agosto del 1528 e scrisse un “Officio della Madonna” e uno del Signore. Le opere di carattere musicale sono il manoscritto autografo “Patr. Lat. 7462” conservato presso la Bibliothèque Nationale a Parigi e le “Musicae Traditiones carpitim collectae”, inserito negli “Opuscula Mathematica” stampato a Venezia nel 1575.
Il 21 ottobre 1535 l’Imperatore Carlo V d’Austria giunse a Messina, reduce dalle vittorie di Tunisi e La Goletta contro Kair-ad-din (nome che fu, poi, italianizzato in Ariadeno) soprannominato il Barbarossa, re d’Algeri. Francesco Maurolico, per l’occasione, compose le iscrizioni beneauguranti che furono riportate sugli archi e apparati trionfali progettati da Polidoro Caldara da Caravaggio. Due anni dopo, a seguito del passaggio da Messina e su disposizione, appunto, dell’augusto Imperatore, venne dato il via ai lavori per la costruzione di una nuova cinta muraria iniziata nel giugno del 1537 su progetto dell’architetto e ingegnere militare Antonio Ferramolino o lo “Sferrandino” da Bergamo con la collaborazione di Domenico Giuntalocchi da Prato, di Francesco Maurolico che redasse i calcoli e dello scultore toscano Giovan Angelo Montorsoli. Con quest’ultimo Maurolico collaborerà scrivendo i bellissimi versi latini sotto le rappresentazioni dei quattro fiumi, Nilo, Camaro, Ebro e Tevere nella sua splendida fontana di Orione (1553) e nell’altra montorsoliana del Nettuno (1557). Altri distici comporrà per il monumento bronzeo a Don Giovanni d’Austria, opera di Andrea Calamech, oggi in piazza Catalani.