Santo Stefano di Camastra, città della ceramica

Esplosione di colori nelle ceramiche di Santo Stefano, secondo l’antica tradizione dei carretti siciliani

Santo Stefano di Camastra, città della ceramica

Dopo la frana del 6 giugno 1682 che distrusse l’antica città situata a monte Don Giuseppe Lanza Barresi duca di S. Stefano, nelle sue terre in località Castellaccio, faceva riedificare il nuovo Paese. Per le costruzioni si impiantarono in adiacenza alle cave di argilla gli “stazzuni” (piccoli stabilimenti dove si producevano manufatti in argilla) per realizzare i materiali edilizi e le terraglie per l’uso domestico: nasceva, così, la “città della ceramica”.

Santo Stefano di Camastra, città della ceramica

Dall’argilla alla ceramica

Nell’antica tradizione stefanese, l’argilla veniva tratta dalla cava (pirrera) in estate e portata fuori dentro ceste a spalla. Responsabile del trasporto verso le botteghe degli artigiani era ‘u ritaluoru che utilizzava gli asini per fare i vviaggi. L’argilla così trasportata veniva versata nella fossa non prima, però, di essere controllata dall’artigiano per evitare che contenesse ‘a cammaratura, cioè frammenti di pietra calcarea che potevano fare scoppiare gli oggetti durante la cottura o ‘u sali, filamenti di gesso che avrebbero ferito le mani del torniante (fabbricatore, al tornio, dell’oggetto). La fase successiva vedeva lo mpastaturi frantumare i pezzi più grossi di argilla battendola con una mazza per ottenere la polvere per l’impasto e messa a bagno dentro la fossa. L’indomani mattina, la creta molle, veniva sparsa a terra e pestata a piedi nudi per ben amalgamarla. I pezzi di creta erano quindi conservati in luoghi freschi nella bottega e coperti da stracci periodicamente inumiditi. A questo punto il torniante creava al tornio gli oggetti cui si applicavano i manici, invetriati (stagnatura) con ossidi coloranti (verdi, rossi, gialli) e infornaciati per la cottura finale.

LO SAPEVI CHE?

La fabbrica Armao di ceramica di Santo Stefano di Camastra venne premiata all’esposizione Italiana di Firenze nel 1861, all’esposizione Industriale Italiana di Milano nel 1881 e all’esposizione di Torino nel 1884.

I maestri ceramisti e le mattonelle maiolicate

Prima dell’esodo del 1682 l’arte ceramica doveva già essere esercitata nell’antico Borgo. Si sa che, dopo la metà del ‘700, al seguito di Antonino Strazzeri principe di S. Elia vennero nel Borgo di Santo Stefano di Camastra i maestri ceramisti Azzolina e i Palermo da Caltagirone e i maiolicari Tarallo e Mazzeo da Barcellona. Frequenti contatti tennero i maestri ceramisti stefanesi con i Pizzicara, famiglia di ceramisti che operava tra la rinomata Vietri sul Mare e Salerno già nel XVII secolo. Caratteristica dei maestri maiolicari di S. Stefano era la pregiata produzione di mattonelle maiolicate da pavimento che nel ‘700 erano richieste in tutto il meridione, a Palermo e perfino a Caltagirone. I colori più usati erano il giallo, il rosso, il manganese, il blu cobalto, il verde ramina. I decori, tra i più vari e fantasiosi, prendevano il nome di “rococò”, “cinque punti”, “rigatino”, “lancetta” e gli Armao, una delle famiglie di ceramisti stefanesi più rinomate, chiamarono addirittura i francesi che introdussero i loro motivi decorativi con prevalenza del blu cobalto sullo sfondo bianco. Esempi delle mattonelle maiolicate stefanesi si trovano nei palazzi Trabia e Armao e al cimitero vecchio.  

Il “Museo della Ceramica” a Palazzo Trabia

Edificato da Giuseppe Lanza Duca di Camastra e Principe di Santo Stefano dopo la frana del 1682, nel 1838 il Palazzo passò in proprietà del barone Luigi Sergio. Acquistato dal Comune negli anni ’70 del Novecento, nel 1994 vi venne istituito il “Museo della Ceramica”. Nelle sale espositive, oltre alle ceramiche di Santo Stefano, trovano posto i materiali prodotti da altre località dell’arte ceramica siciliana, Burgio, Sciacca, Caltagirone e Collesano. I vari ambienti sono dedicati alle ceramiche stefanesi di tradizione; ai ceramisti contemporanei; alle mattonelle da pavimento stefanesi; ad antiquarium con raccolta di reperti archeologici rinvenuti nel territorio. Esposti, fra i tanti altri, oggetti d’uso quotidiano di ambito domestico e lavorativo: i fiaschi (“ciaschi”); i boccali (“cannate”) per l’acqua e il vino; le lucerne ad olio (“lumiricchi”) fra cui quella a tredici fiamme (“tredicina”) di S. Antonio festeggiato il 13 giugno; i vasi a due manici per mantenere l’acqua fresca (“bummuli” o “quartare”) e le celebri giare per l’olio o i cereali, immortalate da Luigi Pirandello ne “La Giara” e che lui stesso definì, quella di S. Stefano, la “badessa” per il suo aspetto monumentale.

 

Info:

Museo della Ceramica, Via Luigi Famularo, 1, 98077 – Santo Stefano di Camastra (ME)

Tel. 349 2987908/335 7254423

Orari:

lunedì: chiuso 

da martedì a domenica: 10.00/13.00 – 16.00/20.00

Santo Stefano di Camastra
98077 ME