

Un personaggio la cui vita è ancora avvolta dal mistero
“Io non sono di nessuna epoca e di nessun luogo; al di fuori del tempo e dello spazio, il mio essere spirituale vive la sua eterna esistenza e se mi immergo nel mio pensiero rifacendo il corso degli anni, se proietto il mio spirito verso un modo di vivere lontano da colui che voi percepite, io divento colui che desidero. Io sono colui che è”: con questa frase Cagliostro, al secolo Giuseppe Balsamo noto col nome di Alessandro conte di Cagliostro, sintetizzò efficacemente la sua avventurosa esistenza di mago, alchimista, esoterista, massone, taumaturgo ma, anche, di truffatore.
Nato a Palermo il 2 giugno 1743 nel quartiere di Ballarò dove ancora esiste la casa natale in vicolo Conte Cagliostro, il padre morì poco dopo la nascita. Affidato all’orfanotrofio di San Rocco, da Palermo fugge dopo aver truffato un orafo e ripara a Messina, nel 1766. Si trasferisce a Roma dove sposa Lorenza Serafina Feliciani, figlia di un orafo. La sua attività di falsario, denunciata dal suocero, lo costringe a fuggire con la moglie a Bergamo, quindi in Francia, ad Aix-en-Provence. Inizia la sua frenetica esistenza con spostamenti in tutt’Europa: Cagliostro fornisce a pagamento predizioni sui numeri del lotto; evoca entità spiritiche; ha visioni tramite l’”idromanzia”; si professa taumaturgo; fonda il massonico “Rito Egizio”. Nella notte del 27 dicembre 1789 viene rinchiuso in Castel Sant’Angelo a Roma con le gravissime accuse di esercizio della massoneria, della magia, del lenocinio, di truffa e falso, reati punibili con la pena di morte. Trascinato davanti ai giudici del Sant’Uffizio, il 14 dicembre 1790 scrive al Papa una lettera di pentimento dove implora la sua clemenza. Il 7 aprile 1791 giunge la sentenza commutata nel carcere a vita e per Cagliostro si spalancano le porte della fortezza di San Leo che lascerà solo dopo la morte.
Johann Wolfgang von Goethe volle visitare la madre e la sorella di Cagliostro a Palermo, spacciandosi per «un inglese che doveva portare ai familiari notizie di Cagliostro». La sorella si lamentò che da anni il fratello le doveva del denaro e chiese a Goethe di dirglielo dal momento che sapeva che era ricco, poi gli consegnarono una lettera per lui. Goethe farà avere loro, poi, 14 once d’oro di tasca sua e pubblicherà un ritratto di Cagliostro nell'opera Der Grosskophta.
A Messina Cagliostro giunge nel 1766 e qui conosce Althotas, “[…] il più saggio e dotto degli uomini […]”, di incerta origine, forse greca o spagnola. Personaggio bizzarro con una fluente barba e vestito di zimarra di foggia albanese, con un copricapo rosso, di professione alchimista. Va ad abitare in casa sua, nel quartiere del “Tirone”. Althotas, che sarà il suo primo maestro che lo introdurrà ai misteri della magia e dell’alchimia, si vanta di possedere prodigiosi poteri, fra i quali quello di aver prodotto nel suo laboratorio una polvere magica in grado di sanare ferite fino alla distanza di 666 miglia (è interessante rilevare che 666 è il “numero della bestia”, apparso nell’Apocalisse di Giovanni e riferito ad una “bestia che sale dal mare e devasta la terra”. In particolare, il numero è diventato simbolo del Diavolo o dell’Anticristo). Cagliostro, quindi, parte col suo maestro verso l’Egitto, per poi raggiungere Rodi e Malta. Il Gran Maestro dell’Ordine dei Cavalieri de Fonseca, appassionato cultore di discipline alchemiche alla ricerca della Pietra Filosofale, invita i due a partecipare agli esperimenti: durante uno di questi, Althotas troverà la morte respirando velenosi miasmi provenienti da una pentola in ebollizione.