Maria Costa

La cantrice del mare

Maria Costa

‘Nta ‘sta casuzza,

chi mi scutau muta

fui Regina e fui Imperatrici,

pittai rari animali, cari amici

e da me Fata fui bedda e pasciuta.

 

In questa casetta,

che mi ascoltò muta

Fui Regina e fui Imperatrice,

Dipinsi rari animali, cari amici

E dalla mia Fata fui bella e pasciuta.

La Poesia

Maria Costa (Villaggio “Paradiso” di Messina, 15 dicembre 1926 - 7 settembre 2016), fu poetessa in dialetto messinese, o meglio, quello delle “Case Basse” (“i casi basci”) dette così perché a un piano e sottomesse alla sede stradale, lungo la costa. Il poeta liminese Giuseppe Cavarra, il suo demiurgo, scrive: “In Maria Costa la poesia nasce come bisogno di estrinsecare la propria esperienza, perché sia di giovamento a tutti lungo la strada comune, come modo di rivivere con sofferenza il dolore degli uomini”.  Donatella Pezzino: “Nella sua poesia si mescolano, come nella stessa natura del siciliano, il dolce e l’amaro, il veleno e il nettare, la lama che ferisce e il fiore che accarezza. Nel suo linguaggio c’è una straordinaria freschezza: ricco di declinazioni lessicali tipiche e quasi ruvide nella loro genuinità […] è rimasta celebre per il suo eccezionale modo di “raccontare” la poesia.”. Mario Sarica: “I versi e la scrittura della poetessa di Case Basse di Paradiso, sulla riviera nord dello Stretto, si nutrono avidamente della lingua madre, quel messinese dalle inflessioni arcaiche, ricolme di vita vissuta e di una carica emozionale contagiosa, che basta ascoltarlo per intenderlo”.

LO SAPEVI CHE?

Dopo la sua morte, l’abitazione in Via Case Basse è diventata Casa Museo e sede del Centro Studi Maria Costa, punto di riferimento nella promozione della conoscenza delle tradizioni messinesi e della poesia popolare.

Dicono di Lei

Donatella Pezzino: “Energica, sensibile e combattiva, Maria incarnava in pieno la vera donna sicula, dotata di inesauribile linfa vitale e di un fascino irresistibile: un carisma quasi sacrale, che rimanda ai legami misteriosi e indissolubili fra l’anima e il cosmo. Nel suo caso, erano legami che la stringevano al mare, del quale cantò per tutta la vita le storie e i segreti.”. Lorenzo Spurio: “Ci troviamo nel cuore della casa, ma anche nel museo celebrativo, nell’ideale sepolcro essendo quello non solo il luogo dove ha sempre vissuto ma da dove è partita per l’ultimo viaggio. Un’abitazione modesta nei paraggi dell’amato Jonio, da lei descritto, evocato, cantato onda per onda: «Mari ciuscera,/ mari spiccera,/ mari, a to ira/ accoda a me lira» («Mare alitante,/ mare specchiera,/ mare, la tua ira/ accorda la mia lira».). Giusy Gerace: Di Maria Costa conservo questa impressione, che puntualmente torna quando ripenso a quel giorno […] Allora, fui davvero impressionata dalla musicalità tuonante della sua voce. E la poetessa di Case Basse la ricordo così, come un tuono che spezza l’estate e annuncia una tempesta che è sfida e resistenz.”.  

Una sua poesia

’U Sfrattu: no o ponti

‘U piscispada dissi a lu ‘ntrasattu
«Ahiài! Ahiài! M’arruàu ‘u sfrattu!»
«Chi vai dicennu, pezzu di minchiuni?»
Dissi ‘a murina misa ‘nta ‘na gnuni.
«A freu d’acqua cci su’ coppa ‘i matteddu!»
Rispunni scantatu u luvareddu.
‘U pruppu inveci dissi: «Mi ni futtu:
tempu nenti i vestu trutti a luttu».
A tappu si ‘ntricau ‘a ciciredda
«Cci penzu iò pi ‘sta cumacca bedda
aùnni assummu è sempri malanova…
Mi ‘ttaccu a tutti iò a giru i bova».
«Nisceru pacci – dissi lesta ‘a pìchira –
Un coppu ‘i scossa e cumenzu da chìchira».
Cci mannaru ‘u sfrattu a Scilla e Cariddi,
mustri di rema e di mari friddi.
«Matricedda! – dissi lesta ‘a ‘ncioiarina –
‘u funnali divintiravi ‘na latrina.
A cu non nesciravi du carrùggiu
Cci ‘ssintirannu coppa d’archibbùggiu».
Ca feli a bucca ‘a Fata Muggana
‘ssistìa ‘llunata a ‘ddu scinni e ‘nchiana.
«Sfrattu! Sfrattu! Sfrattu cc’è pi tutti!».
Dicia u piscispada ittannu rutti.
Erunu ‘mmasati i pisciceddi,
i baùsi, i opi, i iaiuleddi.
«Figghiazzi di buttana, chi cunnanna!
Non nni bastava rizza, lenza e canna?»
Rispunnìu Cola du postu fissu:
«Mi cci veni a tutti ‘nu subbissu!
Non cianciti, non vi sbarruàti:
non ci niscemu mancu a cannunati».
E dissi mutu mutu e sotu sotu:
«Pi tutti ci penzu iò c’un marimotu.
E non bi dispirati, amici mei,
muriravi Sansuni cu tutti i Filistei!».

 

Lo Sfratto: no al ponte

Il pescespada disse all’improvviso
“Ahiài! Ahiài! Mi è arrivato lo sfratto!”
“Che vai dicendo, pezzo di minchione?”
Disse la murena messa in un angolo.
“A pelo d’acqua ci sono colpi di martello!”
Risponde impaurito il luvarello.
Il polpo invece disse: “Me ne frego:
Tempo niente li vesto tutti a lutto”.
Subito si intrigò la cicirella:
“Ci penso io per questa compagnia bella:
Dove assommo è sempre mala notizia…
Me li attacco tutti io a giro di boa”.
“Sono usciti pazzi – disse lesta la razza -
Un colpo di scossa e comincio dalla testa”.
Gli hanno mandato lo sfratto a Scilla e Cariddi,
Mostri di rema e di mari freddi.
“Mammamia! – disse lesta l’acciughina -
fondale diventerà una latrina.
A chi non uscirà dal vicolo
Gli spareranno colpi d’archibugio”.
Con il fiele alla bocca la Fata Morgana
Assisteva strabiliata a quello scendere e salire.
“Sfratto! Sfratto! Sfratto! C’è per tutti””
Diceva il pescespada emettendo rutti.
Erano ammassati i pesciolini,
Le bavose, le ope, le iaiulelle.
Figliazzi di buona donna, che condanna!
Non ci bastava rete, lenza e canna?”
Rispose Cola [Colapesce] dal posto fisso:
“Che gli venga a tutti un subisso!
Non piangete, non vi perdete d’animo:
Non usciamo neanche a cannonate”.
E disse zitto zitto e sodo sodo:
Per tutti ci penso io, con un maremoto.
E non vi disperate, amici miei,
morirà Sansone con tutti i Filistei!”.

Casa Museo di Maria Costa
Via Case Basse, 14, 98168 Paradiso ME