Il parco Horcynus Orca nei luoghi del Mito

Capo Peloro a Messina dove si incontrano Scilla e Cariddi

Il parco Horcynus Orca nei luoghi del Mito

Realizzato nel 2001 nella struttura fortificata del complesso cosiddetto “Torre degli Inglesi”, il parco Horcynus Orca deve il suo nome in omaggio al celebre romanzo di Stefano D’Arrigo: il viaggio di ritorno di 'Ndria Cambria da Napoli a Cariddi agli inizi dell'ottobre del '43, non a caso, coincide col ritorno dell'Orca nello Stretto.

Il parco Horcynus Orca nei luoghi del Mito

Il “MACHO” Museo d’Arte Contemporanea Horcynus Orca

Le sale ad ovest della parte ottocentesca della fortificazione ospitano l’esposizione permanente della collezione d’arte contemporanea del Mediterraneo del Parco Horcynus Orca, curata da Martina Corgnati, una tra i più importanti critici e conoscitori del settore in ambito internazionale. Il Museo nasce, scrive la Corgnati, “[…] da un progetto di ricerca sulle arti visive dei contesti culturali e geo-politici mediterranei intrapreso dal momento stesso della nascita del Parco Letterario Horcynus Orca, trasformato successivamente in Fondazione Horcynus Orca, le cui attività espositive sono sempre state concepite non solo come evento effimero ma come strumento di arricchimento permanente del territorio e di sviluppo di una collezione, aperta a comprendere tutti i generi artistici e i linguaggi della creatività contemporanea. Si tratta di dipinti, sculture, installazioni, video installazioni, ecc., un centinaio di opere realizzate per eventi o progetti internazionali della Fondazione Horcynus Orca e in parte frutto di donazioni, di 200 artisti provenienti da vari paesi dell’area mediterranea (Palestina, Egitto, Libano, Tunisia, Italia tra gli altri).

LO SAPEVI CHE?

Dal 28 luglio al 18 agosto 1860 nella “Torre degli Inglesi” soggiornò Giuseppe Garibaldi per preparare l’attraversamento dello Stretto di Messina. Qui furono fatti confluire tutti i cannoni in previsione dell’attraversamento dello Stretto per lo sbarco in Calabria.

La “Torre degli Inglesi”

La Torre di forma tronco-conica chiamata “Torre degli Inglesi”, leggermente scarpata, è il risultato della trasformazione durante la presenza inglese a Messina nella prima metà dell’Ottocento, di una preesistente Torre edificata nel 1798 che fu ricoperta dagli inglesi fra il 1805 e il 1808 con una sorta di “camicia” protettiva, una fronte muraria curvilinea con “orecchiette” alle estremità. Davanti ad essa a pochi metri di distanza, lato mare, esistono i resti di altra Torre cinquecentesca che crollò in parte nel terremoto del 1783. La Torre è incorporata in un fortino borbonico lato sud eretto dopo il 1823. Della Torre cinquecentesca, Francesco Maurolico nel 1546 dà testimonianza della sua funzionalità come lanterna e   Tommaso Fazello, nel 1573, scrive: “[…] su quel promontorio a nostri tempi è fabbricata una fortezza fatta per guardia delle bocche e per far lume ai marinai”. Un’ordinanza del 10 dicembre 1594 prescriveva che la Torre andava presidiata da una guarnigione di tre uomini detti “torrari” o “guardiani”: un caporale, che aveva il comando, un artigliere e un soldato, tutti con nomina a tempo indeterminato ed in servizio fino a quando il peso degli anni lo avrebbe consentito.

La Torre del Faro di epoca romana

Durante i lavori di restauro e recupero avviati nel 2001, gli archeologi della Soprintendenza di Messina diretti dalla dott.ssa Gabriella Tigano, hanno ritrovato un basamento quadrato (25 metri di lato) in mattoni e cocciopesto a tre gradini e alcune cisterne di età romana. I tre gradini potrebbero essere i resti del basamento del faro della prima età imperiale romana, citato da Strabone alla fine del I sec. a.C. nella “Geografia”. Sarebbe anche la struttura raffigurata in un'emissione argentea di Sesto Pompeo, un denario datato al 38-36 a.C. Strabone cita anche una statua (forse Peloro o Nettuno) che sormontava la torre e Valerio Massimo, più preciso, parla di una “statua che scruta il mare da un alto tumulo”. A scrivere apertamente di una statua posta sulla punta di Capo Peloro fu lo storico Olimpiodoro di Tebe (407- 425 d.C.). Dopo il sacco di Roma del 410, il re dei Visigoti, Alarico, si diresse verso sud allo scopo di passare in Sicilia e da qui raggiungere l’Africa. La spedizione si fermò proprio davanti allo Stretto perché, racconta Olimpiodoro, i Visigoti non lo attraversarono spaventati dalla statua posta sulla sponda siciliana.

Fondazione Horcynus Orca - Macho
Località Torre Faro, 98166 Messina ME