

Tesoro d’arte e cultura
Il Duomo dell’Assunta di Santa Lucia del Mela è Basilica, concattedrale dell’Arcidiocesi di Messina, Lipari e Santa Lucia del Mela. Fu sede di Prelatura “Nullius” (cioè, di nessuna diocesi e quindi soggetta direttamente alla Santa Sede) eretta nel 1206.
L’originario impianto risale al 1094, dedicato a Santa Lucia per voto del normanno Gran conte Ruggero d'Altavilla. Del primitivo tempio ad una navata rimangono solo le fondamenta sottostanti la pavimentazione dell’attuale. Danneggiato in parte dai terremoti di Catania del 1169, del 1295 e di quello del Val di Noto del 1542, tra il 1607 e il 1642 fu ampliato e abbellito su disegno di Vincenzo Ferriati di Novara di Sicilia, con la trasformazione a pianta basilicale a tre navate. Il 22 ottobre 1769 venne solennemente consacrato dal vescovo Scipione Ardoino dei principi d’Alcontres quale Cattedrale dell’Assunta. Il portale maggiore del 1485 si segnala per le decorazioni: due esili ed eleganti colonne tortili lo incorniciano fino all’architrave nel cui centro è un’aquila coronata con stemma, a ribadire che l’edificio chiesastico era di Regio Patronato. Nella lunetta, le figure in altorilievo rappresentano una Madonna col Bambino fra le sante siciliane Lucia e Agata, sovrastate da Dio Padre benedicente. L’opera è dello scultore comacino Gabriele de Baptista, trasferitosi a Palermo nel 1475 sulla scia dei Gagini. Le finestre del terzo ordine hanno funzione solo decorativa e da una di esse, la prima a sinistra, si intravede l'orologio del Castello di Mankarruna.
All’interno è custodita l’urna con le spoglie del Beato Antonio Franco (Napoli, 1585 – Santa Lucia del Mela, 1626), 36º Prelato dal 1617 al 1626. Mons. Franco si reputava davanti a Dio grande peccatore e di frequente digiunava totalmente; dormiva sul pavimento usando una pietra per cuscino e portava strette ai fianchi due grosse catene di ferro, una delle quali si conserva ed è oggetto di venerazione.
L'interno è in stile rinascimentale di derivazione brunelleschiana (Basilica di San Lorenzo, Basilica di Santo Spirito a Firenze) con pianta a croce latina. L'aula è a tre navate con 12 colonne divise da due file di archi a tutto sesto poggianti su colonne tuscaniche lapidee. Gli archi sono decorati con stucchi come anche in parte la volta a botte lunettata. A metà della navata centrale, sulla destra, si trova un pregevole "pulpito" ligneo barocco e sullo stesso lato, sotto l'arco trionfale, i cinque scranni lignei del Senato Luciese del 1748 sovrastati dal drappo in velluto rosso con l'aquila imperiale di Federico II di Svevia. In corrispondenza di questi ultimi, sul lato opposto, vi è il complesso neoromanico in marmi policromi della Cattedra Vescovile. In Sagrestia si conservano armadi in noce scolpito del 1650 attribuiti a Giovanni Gallina da Nicosia, dove si custodiscono paramenti ricamati in oro e argento; un cofanetto di metallo e cristallo in cui è racchiusa la catena ferrea che il beato Antonio Franco indossava ai lombi, il reliquiario d'argento dorato della croce d'orafo della prima metà del secolo XVI. L’iscrizione incisa sulla targa posta sull'ingresso della sacrestia ricorda l’elevazione a Basilica nel 1769.
Sono da ammirare, fra le tante, la tavola del "Martirio di San Sebastiano" di Giuseppe Salerno (Gangi, 1570-1630), soprannominato lo "Zoppo di Gangi"; la statua in alabastro roseo dell'"Ecce Homo" attribuita al palermitano Ignazio Marabitti (1771), preziosa scultura dal delicato drappeggio su alto piedistallo in agata; la tavola di "San Marco" di Deodato Guinaccia (1581); la pala d’altare su tela dei "Santi Pietro e Paolo Apostoli" attribuita al messinese Alonzo Rodriguez (1578-1648), seguace del Caravaggio; l'"Immacolata", dipinto realizzato da Filippo Jannnelli nel 1676; la statua di Santa Lucia (fine XV secolo) attribuibile al dalmata Francesco Laurana; il bassorilievo dell'Ultima Cena in unico blocco marmoreo attribuito al palermitano Valerio Villareale (1773-1854), di chiara ispirazione leonardesco, considerato il Canova siciliano; un “Crocifisso" ligneo del 1665. Una cancellata delimita il vano dove è ubicato il Fonte battesimale coperto da custodia lignea secentesca, il fusto ornato da quattro torsi alati e vasca ottagonale con formelle, del 1484, opera di Gabriele de Baptista, autore, anche, dell’acquasantiera (1485).
Foto di Rosy Schiavo e Domenico Paternostro