

L’architettura del periodo normanno rivive nel XX secolo
Già nel 1332, sotto il regno di Federico II d’Aragona e III di Sicilia, è documentata l’esistenza della chiesa dedicata a San Giuliano, al secolo Julián ben Tauro (Burgos, 1128 – Cuenca, 28 gennaio 1208), dottore in teologia e filosofia all’Università di Palencia, secondo vescovo di Cuenca (1198-1208) nel periodo in cui regnava Alfonso VIII di Castiglia. E’ probabile che il culto verso questo santo sia stato introdotto a Messina proprio dalla dinastia aragonese. La seconda chiesa fu invece edificata nel 1573 su progetto dell’architetto e scultore carrarese Andrea Calamech, autore a Messina del monumento a Don Giovanni d’Austria e custodiva un dipinto raffigurante la “Vergine della Grazia” attribuita alla scuola degli Antoni (sec. XV). La Cappella del Santissimo Crocifisso conservava il dipinto raffigurante la Crocifissione di Antonio Catalano il Vecchio o L'Antico (sec. XVI). Nella chiesa era la sepoltura del pittore di Udine Pio Fabio Paolini (1620 – 1692). Il terremoto del 5 febbraio 1783 la distrusse completamente e fu ricostruita, con lo stesso titolo, nelle vicinanze di quella antica. Il terremoto del 1908 dava il definitivo colpo di grazia.
La Chiesa di San Giuliano, con la sequenza di volumi parallelepipedi sormontate da cupole rosate, si ispira alle chiese palermitane di San Cataldo, San Giovanni degli Eremiti, San Giovanni dei Lebbrosi, tutte sorte in epoca normanna in stile arabo.
Edificata dall’impresa “Società Anonima Fer” su progetto dell’ingegnere sacerdote Carmelo Umberto Angelini e realizzata dal 1925 al 1928, fu voluta dall’arcivescovo Angelo Paino. La solenne benedizione e consacrazione al culto avvenne il 27 ottobre 1928, sempre da parte dell’arcivescovo Paino. L’architettura di matrice eclettica, come tutte nella Messina ricostruita subito dopo il sisma del 1908, è ispirata allo stile moresco, con merlatura di coronamento di foggia araba e cupole semisferiche rosate che coprono le sottostanti cappelle con finestre trifore. Le due cupole più grandi sono poste, una all’incrocio delle navate col transetto e l’altra sul vestibolo; anche la torre campanaria è sormontata da una cupola. Non mancano i richiami al mondo gotico nei decori degli archi ogivali esterni ad aggetto progressivo, nelle bifore e nelle trifore con archetti superiori trilobati e nelle originali torrette angolari sorrette da mensole a fogliame. L’interno ha un impianto a tre navate scandite da una successione di archi ogivali con la centrale più grande e le laterali strette da ravvicinati pilastri, ciò che conferisce un gusto gotico a tutta la composizione.
Nel catino absidale Luciano Bartoli (Trieste 1912 - Aosta 2009) realizzò nel 1957 il grande mosaico raffigurante Cristo Crocifisso con San Giuliano, la Vergine Maria e San Francesco d’Assisi. Si tratta di un’opera simbolica con in alto il Padre Eterno su un nimbo e dietro di lui, all’interno di un arcobaleno, sette stelle splendenti che alludono ai sette giorni della Creazione secondo il Genesi. La Colomba dello Spirito Santo aureolata con dodici stelle scende in volo verso Cristo Crocifisso con alle spalle una “mandorla”, o “vesica piscis”, o “ichtus” (acrostico della frase Iesus Christòs Theù Uiòs Sotèr, “Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore”) che rappresenta la trascendenza. Mentre San Giuliano offre a Cristo, all’uso medievale, il modello della chiesa a lui dedicata, la Vergine aureolata con dodici stelle quanti sono gli apostoli, raccoglie nel Graal il sangue che fuoriesce copioso dalla ferita al costato del Figlio e si riversa creando un fiume sottostante dove si abbevera un cervo. Animale che ricorre spesso nella Bibbia, il suo significato in questo caso rimanda all’anima del fedele che beve dall’unica sorgente di vita autentica. Una pregevole tela del ‘700, di ignoto, raffigura il Martirio di Santa Caterina d'Alessandria.