Andar per Borghi nei Nebrodi

Dal mare alla montagna: Itinerario attraverso Storia, Arte e Architettura

Andar per Borghi nei Nebrodi

Territorio di antichissimi insediamenti all’ombra dei Monti Nebrodi, i Borghi costieri e montani conservano un immenso patrimonio d’arte e cultura che testimonia del ricco lascito    delle varie dominazioni che si sono avvicendate nei secoli.

Brolo

Brolo deriva da Brolium, cioè orto, frutteto o giardino fiorito. Il primo impianto urbanistico del Borgo, rimasto sempre allo stato feudale, risale all’XI secolo e la sua storia è legata alla munita fortezza la cui torre esisteva già in epoca normanna, menzionata in un privilegio del Gran Conte Ruggero del 1094 con la denominazione di “turris Voab” (etimologia araba dal significato di «Rocca marina»). In epoca sveva il Borgo assunse particolare importanza con la famiglia Lancia quando Federico II di Svevia sposò la figlia di Bonifacio Lancia nel 1246, Bianca, che gli diede tre figli, Costanza, Enzo e Manfredi. Quest’ultimo nacque proprio a Brolo, nel castello avito. Nel 1738 Girolamo III Lancia vendette tutti i possedimenti e la Baronia passò al marchese Ignazio Vincenzo Abate di Longarino. In questo periodo avviene l’espansione urbana di Brolo nella zona sottostante il Castello con la Chiesa Madre Maria SS. Annunziata del 1764 e con la costruzione lungo la strada regia di palazzetti ottocenteschi che definiscono il profilo urbano del Borgo. Il Castello con la Torre, sorta nel sec. XIII ad opera di Federico II di Svevia, fu residenza della moglie Bianca Lancia, confiscato nel 1392 a causa della ribellione dei Lancia e passato agli Aragona. All’interno della Torre sono da visitare il Museo della pena e della tortura, dove si possono osservare gli strumenti di tortura, morte e scherno e il Museo delle fortificazioni costiere, dedicato alle torri di avvistamento.     

Patti

Il Borgo, dai reperti archeologici, risale all’VIII secolo a.C., quindi soggetto a Greci, Romani e Bizantini. Dai greci fu chiamato "Epacten", cioè “presso le acque - fra le acque - sulla sponda”. Le più antiche notizie documentate sulla sua esistenza risalgono al 1094, quando il Gran Conte Ruggero vi fondava il monastero benedettino del SS. Salvatore. Qui si ritirò la vedova, la regina Adelasia del Monferrato madre di Ruggero II, primo re di Sicilia, e qui morì nel 1118, sepolta in un sarcofago rinascimentale nella Basilica Cattedrale di San Bartolomeo. Fu nel 1312 una delle 42 città demaniali siciliane, dipendente direttamente dal sovrano, ciò che consentì al Borgo di ottenere numerosi privilegi fiscali ed amministrativi. Assediata, depredata e incendiata nel 1544 dal pirata algerino Ariadeno Barbarossa, fu ricostruita e munita di una cinta muraria difensiva. Durante il Risorgimento, Patti ebbe parte attiva nei moti e il 18 luglio 1860 Garibaldi sbarcò alla marina, accolto dal sindaco Giovan Battista Natoli Calcagno e dai capi dei comitati rivoluzionari. Oltre la monumentale Basilica Cattedrale di San Bartolomeo, notevoli sono la Chiesa di Sant’Ippolito, seconda sorta dopo la Cattedrale che conserva una tavola dipinta con 15 quadretti laterali dei misteri del Rosario, datata 1583 dopo la Battaglia di Lepanto del 1571 e la Chiesa di San Michele dov’è possibile ammirare un Tabernacolo in marmo di Antonio Gagini (1538). Nel Palazzo Vescovile è allogato il Museo Diocesano che presenta circa 400 opere, databili dal XVII al XX secolo. Interessante è la Fontana Napoli del 1647 in stile tardo rinascimentale che prese il nome dal Vescovo Vincenzo Napoli che fece restaurare il monastero dei Benedettini e fece costruire il Seminario.  

Capo d’Orlando

Il toponimo del Borgo si riferisce ad una improbabile sosta dell’eroe dell’Opera dei Pupi siciliana, Orlando, durante le crociate, quando Carlo Magno fece tappa in Sicilia orientale. In origine, l’attuale Capo d’Orlando era la sede della città greca di Agatirno abitata dagli spartani e fondata da Agatirso figlio di Eolo, da non confondere con l’omonimo dio dei venti. Durante i Vespri Siciliani, il 4 luglio 1299, Capo d’Orlando fu teatro di una battaglia navale e nel 1359 Federico IV d’Aragona assegnò i possedimenti e il Castello d’Orlando (VIII – IX sec.? con rifacimenti nel 1300) al nobile Vinciguerra Aragona. Distrutto il maniero nel 1398 da Bernardo Cabrera conte di Modica per costringere il traditore di re Martino I, Bartolomeo di Aragona che vi aveva trovato rifugio, alla resa, nel 1598 nelle sue vicinanze viene rinvenuta una statuetta della Madonna, riproduzione di quella di Trapani: in tale occasione, nel 1600, viene edificato il Santuario di Maria Santissima. Quando nel Borgo marinaro di San Gregorio si realizza una tonnara nel 1488, da qui parte lo sviluppo economico e demografico che si protrarrà fino alla fine del secolo XIX. Da visitare la Chiesa di Maria SS. di Portosalvo (1860) e gli scavi archeologici in Contrada " Bagnoli" (resti di Villa tardo–romana). Notevoli le Ville Letizia (inizi sec. XX), Cangemi (sec. XIX), Merendino (sec. XIX) e Papa (inizi sec. XX) che sorgono nel centro urbano. In località "Vina" si trova la famosa villa residenza dei Piccolo (1873) dove ha sede la “Fondazione Piccolo di Calanovella”, immersa in un vasto parco con numerose varietà di piante confinante con la costa del Tirreno. Da visitare il celebre cimitero dei cani di Lucio Piccolo e il cospicuo Museo all'interno della villa che custodisce, fra l'altro, vasi e piatti in porcellana cinese (sec. XVII e XVIII); statuine in porcellana di Sassonia (sec. XVIII); un vassoio da centro tavola con piedini in bronzo dorato, smalti, coralli e cammei di oreficeria trapanese (sec. XVI – XVII) e la stanza dove Tomasi di Lampedusa, cugino dei Piccolo, soggiornò e scrisse alcune pagine del Gattopardo.   

Naso

Nel corso dei secoli il Borgo subì le dominazioni di Saraceni, Normanni, Aragonesi e fu prima Baronia e poi, sotto Carlo Ventimiglia, Contea. Fortificata da possenti mura dove si aprivano cinque porte di accesso, delle quali una è ancora visibile nella zona orientale del Borgo, per la sua importanza dell'epoca ricevette l'appellativo di Città. Naso è inoltre famosa per aver dato i natali al patrono San Cono. Oltre alla Chiesa Madre dei Santi Apostoli Filippo e Giacomo e alla Chiesa di San Cono, da vedere sono il Convento e la Chiesa dell'Ordine dei Frati Minori Osservanti. Del complesso d'origine quattrocentesca attualmente rimangono parte delle mura del convento, il portale d’ingresso del 1475, un'ala del chiostro e la chiesa, meglio conservata, che presenta il monumento gotico-rinascimentale di Artale Cardona, rappresentato da quattro statue raffiguranti le Virtù Cardinali, autore Domenico Gagini e la sua bottega (1477). Una sala del Convento ospita un piccolo Museo dedicato alla memoria di Francesco Lo Sardo (Naso, 22 maggio 1871 – Napoli, 30 maggio 1931), politico e primo comunista siciliano ad accedere alla Camera dei Deputati. La Chiesa del SS. Salvatore, edificata nel XIV secolo e rifatta nel sec. XVII, custodisce fra le varie opere d’arte una tela raffigurante San Girolamo nel deserto (sec. XVII) e un trittico marmoreo di Antonello Gagini con la Vergine che stringe fra le braccia Gesù Bambino e ai lati San Giuseppe e San Gregorio Papa.

(foto Rosy Schiavo e Domenico Paternostro)

 

Galati Mamertino

La fondazione di Galati Mamertino (810 m. s. l. m.) la si fa risalire all’arrivo di Ducezio (V sec. a.C.), un condottiero proveniente da Siracusa. Il nome del Borgo, dall'arabo Qal'at e cioè “rocca”, si riferisce alla rupe su cui sorge; Mamertino era il popolo siculo che professava il culto al dio Marte. Galati Mamertino fu feudo assegnato dai Normanni in Sicilia ai loro fedeli guerrieri, in questo caso nel 1116 ad Eleazar Mauvelier. Nel 1320 fu possedimento di Blasco Lancia, nel 1308 di Corrado Lancia e nel 1392 di Bartolomeo Aragona. Circondato da una cinta muraria fortificata realizzata nel sec. XVI, si accedeva al Borgo da due porte, la Porta Marina nei pressi della Chiesa di S. Caterina, e la Porta Montana, vicino alla Chiesa di S. Martino, oggi del Rosario. Gli ultimi signori di Galati furono i De Spuches, nobile famiglia spagnola e duchi di Santo Stefano a Messina. Nel 1630 vi venne fondato il Peculio Frumentario. Il Castello di origine normanna è citato nel 1154 da Edrisi, geografo e viaggiatore arabo che per Ruggero II di Sicilia scrisse il “Libro di Ruggero”, ma già nel 1750 Vito Amico lo ricorda in stato di rudere. Oltre alla Chiesa Madre dell’Assunta, sono da segnalare la Chiesa di S. Luca (fine del XVI secolo), la Chiesa del Rosario che conserva la statua marmorea della Madonna delle Grazie o della Neve, di Antonello Gagini (1534) e un Tabernacolo di scuola gaginiana degli inizi del 600, e, la Chiesa di Santa Caterina di epoca normanna, restaurata nel 1551 come si legge sull’arco trionfale. La Chiesa custodisce un Crocifisso ligneo del sec. XVII, una Sacra famiglia con i Santi Anna, Gioacchino, e Giovanni, tela firmata “Joseph Tresca a. 1753”, la statua marmorea di Santa Caterina d’Alessandria (1550) di Antonio Gagini e il Trapasso di S. Anna, tela di ignoto del sec. XVIII. Il Palazzo De Spuches o Palazzo del Principe dei duchi di Santo Stefano di Briga (Messina) e Principi di Galati, è una sontuosa costruzione del 1622 che Don Filippo I Amato fu il primo ad abitare. È sede del Centro Museografico Polivalente della Valle del Fitalia, con sale riunioni e convegni, Biblioteca Comunale ed archivi vari.  

Furnari

Secondo la tradizione storica, l'origine del nome è dovuta a Giuseppe Furnari, un umile contadino che un giorno ebbe un incontro casuale, nella sua casupola nel bosco, con il re di Sicilia il normanno Ruggero II. Il sovrano aveva con sé il fedele levriero cui era molto legato, ferito da un suo arciere maldestro. Furnari lo curò con un impasto di erba medica e lo fasciò, ma l’animale non si reggeva in piedi e siccome Ruggero doveva ripartire, lo lasciò in consegna al contadino per poi riprenderlo. Il cane fu accudito, così, per lungo tempo e a chi gli diceva di disfarsene rispondeva che lo avrebbe tenuto con sé, "Finché venga". E il re venne, vide che il cane guarito era in perfette condizioni di salute, poggiò la spada sulla spalla di Furnari e lo nominò barone delle terre circostanti. La casupola di pietrame a secco venne così sostituita dal castello baronale col blasone raffigurante il levriero e il motto e attorno al quale si sviluppò il Borgo. Il territorio fu insediamento nella preistoria, in epoca greca, romana e bizantina. Nel 1691 i Furnari vendettero il feudo ai Marziano che ne furono proprietari fino al 1819, quando vennero aboliti i diritti feudali e il Borgo divenne Comune autonomo. La Chiesa Madre di Santa Croce fu edificata nel 1600 sui resti del Castello dei Principi di Furnari, ricostruita nel 1929 e conserva un Crocifisso ligneo del 1630 di Frate Innocenzo da Petralia (Petralia Sottana, 1592 – Palermo, 1648), oggi nella Chiesa del Carmine e dello stesso autore, una statua dell'Ecce Homo. La Chiesa di Gesù e Maria della metà del sec. XV custodisce quattro pregevoli dipinti della metà del ‘700. Da visitare anche la Chiesa della Madonna del Carmine e il convento (oggi Palazzo Municipale), edificati a partire dal 1547. Fra le opere d’arte, il dipinto della Madonna col Bambino a forma di trittico, della scuola di Tommaso De Vigilia (seconda metà del sec. XVI) sull’Altare Maggiore.

Mistretta

L’area dove sorge il Borgo era già frequentata in epoca preistorica come testimoniato da reperti archeologici dell’età del bronzo finale. Nel III sec. a.C. la città di Amestratos, dove oggi è Mistretta, coniava moneta ed era civitates decumanae. Silio Italico (25 circa – 101), nel suo poema storico in versi "Punica", descrive Mistretta come una città che forniva a Roma soldati e grano. Anche Cicerone descrive la città nelle sue “Verrine” a proposito delle ruberie del governatore Caio Verre. Dopo essere stata predata dai Vandali e dai Goti e dopo il dominio bizantino, il Borgo fu sottomesso agli Arabi dall’827 al 1070 che ristrutturarono il Castello di origine bizantina. Con i normanni il Castello venne ampliato e l’abitato fortificato da una cinta muraria. Insignita del titolo di “Città imperiale” da Federico II di Svevia nel sec. XIII, fu in tale occasione che il Borgo si dotò di uno stemma raffigurante un’aquila, come quello degli Hoenstaufen nel Regno di Sicilia. Insorta nel 1282 contro gli angioini, per il valore dimostrato contro i francesi fu inserita tra le città demaniali in epoca aragonese (sec. XIV-XV) e a partire dal XVI secolo si arricchì di diverse chiese e palazzi. Elevata a capoluogo dell’omonimo distretto nel 1812, a causa di dissapori della classe media che determinò la rivolta del 1859, insorse contro i Borbone e seguì le vicende che portarono all’Unità d’Italia. La Chiesa Madre di S. Lucia, fondata nel sec. XII e nel 1169 danneggiata da un violento terremoto, subì varie trasformazioni nel corso dei secoli e conserva, fra le tante opere d’arte, alcune sculture in marmo bianco di Carrara dei Gagini (sec. XVI). Fra le altre 25 chiese, quella della Santissima Trinità fondata nel sec. XII, fu ampliata e trasformata in pianta nel 1661 con facciata tardobarocca; la piccola Chiesa del Santissimo Salvatore conserva un affresco del Duecento raffigurante Cristo Pantocratore (Onnipotente); la medievale Chiesa di San Nicolò ampliata nel 1572 fu la prima Chiesa Madre del Borgo; la Chiesa di San Sebastiano, Patrono di Mistretta, risale al XVI secolo e da qui ha inizio la partecipata processione per la Festa di San Sebastiano che si svolge due volte all'anno, il 20 gennaio e il 18 agosto. Sul punto più elevato del Borgo si trovano i ruderi del Castello da dove si gode un panorama incomparabile dei Monti Nebrodi

  

Monti Nebrodi
98033 Cesarò ME