

Naxos, la prima colonia greca nell’Isola
Correva l’anno 734 a.C. quando nell’attuale Giardini-Naxos in Provincia di Messina, presso Capo Schisò, sbarcavano i primi coloni greci provenienti da Calcide in Eubea e dall’isola di Naxos nelle Cicladi, al comando dell’ecista (capo spedizione) Teocle: era il primo insediamento greco in Sicilia. Nel punto dove i coloni presero terra, veniva eretto un altare in onore di Apollo Archegetes ("colui che guida la fondazione”). Iniziava, così, un periodo favoloso che avrebbe caratterizzato la storia, la cultura, l’arte e l’architettura più antiche dell’Isola.
Intorno al 492-91 a.C. Naxos fu oggetto delle attenzioni di Ippocrate tiranno di Gela che, tuttavia, non riuscì a conquistarla. Nel 476 a.C. Ierone di Siracusa la distrusse e trasferì i suoi abitanti a Leontinoi (attuale Lentini), già fondata dallo stesso Teocle insieme a Katane (attuale Catania). Subito dopo, una nuova città con impianto a scacchiera ortogonale fu costruita sovrapposta all’antica. Durante la guerra del Peloponneso fra Sparta e Atene (431-404 a.C.) Naxos si schierò con Atene e contro Siracusa, ma quando nel 415 a.C. la spedizione militare ateniese in Sicilia fallì, il tiranno siracusano Dionisio I la fece radere al suolo nel 403 a.C. Il territorio venne donato ai Siculi e gli abitanti venduti come schiavi. Nel 358 a.C. Andromaco, padre dello storico Timeo, riunì i superstiti sul Monte Tauro nell'antico centro di Tauromenium (attuale Taormina) da lui fondato che continuò nella monetazione la tradizione della colonia calcidese (secondo Plinio). Il nome Naxos si mantenne nel tempo anche in epoca romana e nell'”Itinerario Antonino” del III secolo d.C. viene citato quale località per lo scambio di cavalli, cioè una “mansio”, lungo la strada consolare in direzione di Siracusa.
Nel Museo di Naxos si conserva un ostrakon (seconda metà V sec. a.C.), pezzo di ceramica solitamente rotto da un vaso o altri recipienti di terracotta. La parola deriva dal greco ostrakon, che significa conchiglia, ma indica anche i frammenti di ceramica usati come scheda elettorale nelle procedure di ostracismo (esilio, allontanamento dalla città di un reo)
Il sito archeologico dell’antica Naxos insiste sulla penisola di Schisò su una superficie di circa 37 ettari. Sviluppatesi in origine principalmente sulla costa dove in prossimità venne costruito un arsenale navale, la città arcaica (VIII-VI sec. a.C.) si allargò verso l'entroterra e furono realizzate delle mura spesse circa 5 metri per difenderla da attacchi via terra. Di questo primo sito si conservano i resti di tre edifici abitativi a pianta curvilinea e il cosiddetto edificio “f” a pianta absidata, una delle prime costruzioni curvilinee mai scoperte in una colonia greca di Sicilia. Dopo la distruzione della città nel 476 a.C., la successiva ricostruzione avvenne con un piano a scacchiera con tre strade principali larghe m. 9,50 (“plateiai”), ortogonali a 14 strade minori larghe m. 5 (“stenopoi”). Oltre ad un “Temenos” (appezzamento di terreno destinato a un santuario) del VI sec. a.C. con gli avanzi di un santuario dedicato a Hera o Afrodite, si conservano poco distante due fornaci (VI sec. a.C.), una circolare per vasi e una rettangolare per tegole.
Articolato su due piani, il pianoterra è riservato al periodo preistorico relativo alla fase più antica dello stanziamento coloniale (6.000 – 900 a.C.) con reperti ceramici tardo-geometrici di produzione corinzia e di produzione euboico-cicladica e di imitazione; corredi rinvenuti nella necropoli settentrionale; anfore da trasporto arcaiche tutte riutilizzate come sepolture per bambini. Fra questi, la splendida coppa di Stentinello del Neolitico e due grandi pithoi della prima età del bronzo (1.800 – 1.400 a.C), giare panciute usate come sepolture. Al primo piano, nella ricchissima collezione spiccano fra l’altro le cornici dipinte di un edificio sacro; l’”arula” (altare fittile di uso domestico) Heidelberg–Naxos (530 a.C.) con due sfingi raffrontate; “antefisse” a maschera silenica; una grande “Gorgoneion” (580 a.C.), frammenti di testa di Medusa che decorava il frontone di un Santuario e il corredo funerario della “Tomba del Chirurgo” con un raro e ben conservato esemplare di coppa vitrea (inizi del III secolo a.C.). Nel cosiddetto “Torrione Borbonico” adiacente, sono esposti reperti da recuperi sottomarini, ceppi d'ancora in piombo, ancore in pietra, macine e anfore.