

Rallegrativi, pasturi, Ch’è vinutu lu Missia, Bettelemmi e li fridduri Spostu ‘mbrazza di Maria.
A sta nova santa e pia, Li pasturi puvireddi Si parteru ‘ncumpagnia, Di l’affritti pagghiareddi (Rallegratevi, pastori, Ch’è venuto il Messia, Betlemme al freddo, Esposto in braccio di Maria. A questa nuova santa e pia, I pastori poveretti, sono partiti in compagnia, Dagli afflitti pagliarelli). Antica Ninnareddha (Ninna Nanna) messinese.
Quando a Messina si vedevano girare per le strade, prima del sisma del 1908, i “ciaramiddhari” (zampognari) e i “sonaturi orbi” con chitarra e violino, insieme al “picciottu” che li guidava nel cammino e suonava l’”azzarino” (triangolo), era segno che si era già entrati nell’atmosfera natalizia. Il Natale a Messina era fatto di queste cose, di “ciaramiddhari” con al seguito ragazzini schiamazzanti che accompagnavano le loro musiche con questo ritornello: “Neru-neru lu ciaramiddharu/quattru e cincu a lu pagghiaru/a ricotta senza seru/si la mancia lu pecuraru”. Era fatto di “cone” (piccole grotte) col Bambin Gesù decorate con arance, limoni, mandarini, agrifoglio, noci e nocciole, allestite nelle case, nelle botteghe e nelle strade, dove “sonaturi orbi” e “ciaramiddhari” cantavano e suonavano la novena. Vecchi ciechi come “Cappiddazzu” (Cappellaccio) e cioè don Lio Corso, il quale cantava le novene accompagnandosi col violino, raccomandando di dare la “strina” (strenna) al “picciottu” che lo guidava. E questi, con quanto fiato aveva in corpo, urlava: “E sanari a lu picciottu, s’arripezza lu capottu” (E “sanari” – piccola unità di misura monetaria – al garzone, si rattoppa il cappotto).
Giovanni Pascoli, a Messina dal gennaio 1898 e fino al 1903, docente di Letteratura latina all’Università, scriveva una delle sue più belle poesie dedicate al Natale, ispirato a quel fantastico presepe di luci, colori ed armonie che era Messina all’epoca: “Udii tra il sonno le ciaramelle/ho udito un suono di ninne nanne/Ci sono in cielo tutte le stelle/ci sono i lumi nelle capanne/Sono venute dai monti oscuri/le ciaramelle senza dir niente/hanno destato nei suoi tuguri/tutta la buona povera gente”.
Nelle case si prepara, allora come oggi, il “presepio” che già prima del sisma del 1908 era assediato dall’albero di Natale, moderna diavoleria che faceva scrivere indignato a Giuseppe Arenaprimo: “In talune case signorili predomina ora la moda dell’albero di Natale; cosa che non ha fra noi alcuna tradizione, che il popolino non comprende e che, come tutte le scimmiottaggini di oltremonte e di oltremare, guarda con indifferenza”. Protagonisti assoluti dei presepi erano i “pasturara” e “bamminiddhara” siciliani. Celebri su tutti i messinesi Gaetano Giulio Zumbo (sec. XVII) e Giovanni Rossello (sec. XVIII), che oltre a realizzare il Bambin Gesù e i personaggi in cera con gli occhi in pasta vitrea, costruivano piccoli capolavori di presepi con avorio, corallo che venivano poi sistemati nelle “scarabattole” o “scaffarate” (teche) in legno e vetro ma anche sotto campana di vetro. Presepi agli inizi del ‘900 monumentali, come quello del cavaliere Calamarà che si sviluppava in ben sette stanze e quello del patriota Salvatore Bensaia che si fregiava anacronisticamente dei fili telegrafici, delle locomotive a vapore e perfino di garibaldini che giocavano sotto il pergolato, presso un’osteria!
La lunga processione del Bambinello la notte di Natale è una delle più sentite e partecipate, antiche tradizioni religiose. In passato come oggi, si muove dal tempio di S. Francesco d’Assisi all’Immacolata all’una del mattino del 25 dicembre a cura della Confraternita di Santa Maria della Luce, istituita nel 1626, accompagnata da altre Confraternite. Un tempo, il simulacro del Bambinello usciva dalla non più esistente chiesetta di Nostra Signora della Luce ubicata nei pressi, scortato dai confrati col cero in mano insieme al clero, preceduti dai tamburini della città negli antichi costumi con l’elmo piumato. La chiesa fu iniziata ad edificare il 17 gennaio 1626 e la processione della notte di Natale è così descritta da Giuseppe Arenaprimo prima del terremoto del 1908: “Ma è già scorsa la mezzanotte e quel tratto di strada dinnanzi alla chiesetta di N.S. della Luce è già zeppo di popolo, che attende la processione del Santo Bambino […] Si spalancano i battenti della chiesetta […] il Bambino di cera è portato da un canonico del Capitolo della Cattedrale, sotto al baldacchino, le cui aste van sostenute dai dignitari e dai confrati più anziani di quella arciconfraternita, istituita nel 1626 […].