

Custode del “sacro Capello di Maria”
La fondazione di Fiumedinisi viene fatta risalire al VII secolo a.C., quando un gruppo di coloni greci proveniente dalla Calcide, attratto dai ricchi giacimenti minerari, si stabilì su una pianura a monte dell'odierno centro abitato. Fu così fondata la colonia di Nisa (il nome riflette una venerazione del dio greco Dioniso da parte dei fondatori) e al fiume del posto fu dato il nome di "Chrysorhoas" (Aurea Corrente).
La costruzione della Chiesa Madre risale all’XI-XII secolo, in origine ad unica navata orientata ad est ed oggi corrispondente all’attuale transetto. Nel 1430-1450 fu ampliata aggiungendo le tre navate rivolte a valle. La prima Chiesa di S. Maria è nominata in un documento del 1308, conservato presso l'Archivio Segreto Vaticano, con il suo cappellano greco di nome Gaetano. Nel 1654 e 1680 fu ulteriormente rifinita e arricchita dopo la rivolta antispagnola per volere di Carlo II. Una lapide marmorea murata sulla facciata riporta il messaggio di ringraziamento del re ai giurati locali, per la fedeltà dimostrata dagli abitanti di Fiumedinisi durante la rivolta messinese del 1674-78. Le parole contenute nel dispaccio reale furono scolpite in questa lapide per ricordare il saccheggio e l'incendio della chiesa da parte messinese, avvenuto nell'ottobre del 1676. In tale occasione fu donato un Capello della Madonna, tolto da quelli custoditi nel Duomo di Messina, dall’autorità iberica per rinsaldare l’antico attaccamento di Fiumedinisi alla corona spagnola. Nel 1908, a seguito dell'incendio della chiesa avvenuto nella notte del 24 marzo, vigilia della festa dell’"Annunciazione di Maria Vergine", fu intitolata a Maria SS. Annunziata.
L’imperatore Enrico VI Hoenstaufen, papà di Federico II di Svevia, si sentì improvvisamente male durante una battuta di caccia nella Valle del Nisi, odierna Fiumedinisi. Fu trasportato a Messina nella notte tra il 28 e il 29 settembre 1197 dove morì. Si disse per congestione a causa dell’acqua ghiacciata bevuta nel fiume o per la puntura di un rovo velenoso o per un avvelenamento da parte della moglie, Costanza, ultima rampolla degli Altavilla.
Di impianto classicheggiante, la facciata si caratterizza per la finestra maggiore sopra il portale centrale che presenta analogie stilistiche ed elementi decorativi tipici del repertorio dell’architetto cefaludese Jacopo Del Duca (1520-1604), allievo di Michelangelo e che a Messina realizzò la Tribuna della Chiesa di San Giovanni di Malta. L’apparato inferiore della finestra ricorda anche analoghe sagomature della tomba Savelli in S. Giovanni in Laterano a Roma. Il portale centrale richiama quello della Chiesa Madre di S. Agata della vicina Alì, testimonianza del richiamo alla cultura rinascimentale fiorentina che nel messinese ebbe lo stesso Jacopo Del Duca e Andrea Calamech. Nel 1656 fu edificato il campanile che, nel 1871, venne dotato di un orologio costruito dal fabbro locale Salvatore Carbone, sistemato nel 1892 e nel 1900 completato in tutte le sue componenti, con l’aggiunta del suono dei quarti, delle ore e del cosiddetto “cento” (cioè 100 colpi di campanella a mezzogiorno e a mezzanotte). All'esterno, lungo il cornicione dei prospetti laterali, 28 mascheroni fortemente caratterizzati scolpiti su pietra calcarea e murati nei merli, conferiscono al tempio un alone di mistero.
Oltre ai monumenti funebri di famiglie nobili, tra cui quelli del casato Romano Colonna, la Chiesa custodisce importanti opere d’arte. Nell'alto del transetto due grandi affreschi riproducono scene bibliche, “La presentazione di Gesù al tempio” e “L'incontro di Abramo con Melchisedek”. L’antichità dello stesso transetto, primitiva chiesa, è testimoniata dall’affresco di stile bizantineggiante della “Madonna col Bambino”, probabilmente nell’originario altare maggiore rivolto ad est. Fra i dipinti, notevoli sono la "Madonna col Bambino e Santi" di L. Le Donne (1771); la "Madonna e i SS. Cosma e Damiano" attribuito al pittore messinese Giovan Battista Quagliata (1647); la "Madonna del Rosario" del pittore fiorentino Agostino Ciampelli (1565-1630), con gli angeli in basso che reggono i 15 medaglioni dei misteri del Rosario. Fra le sculture, le statue di “San Sebastiano” (sec. XVIII), della “Madonna col Bambino” di Martino Montanini (1505 – Firenze, 1562), di “S. Lucia” di Rinaldo Bonanno (1589) e le statue lignee tardo-settecentesche processionali della “Madonna” e dell'”Arcangelo Gabriele”, realizzate da bottega napoletana. Il “Reliquiario del Capello” è opera dell’argentiere messinese Alessandro Donia (1722).
(Foto di Rosy Schiavo e Domenico Paternostro)