

Un messinese nel Soglio di San Pietro nell’anno 682
“Il nostro Signore Gesù Cristo è uno della santa ed inseparabile Trinità ed è composto di due e in due nature in modo inconfuso, indiviso” (Leone II, dalla lettera Regi regum, 561).
Nato nel 611, lo storico messinese Caio Domenico Gallo scrive nei suoi Annali della città di Messina (1758) che “nell’annus domini 682, essendo passato a godere la mercè dei beati Papa Agatone di Palermo, diede la Sicilia, anzi Messina, un altro Pontefice, questo fu S. Leone, eloquente ed instrutto nelle sacre lettere, perito nella greca e latina favella e nella musica, e amatissimo dei poveri. Egli fu figliuolo di Paolo, nobilissimo cittadino messinese”. Tra le leggende nate attorno alla sua vita, di cui si sa molto poco, una mette in evidenza il suo grande amore filiale. La madre era originaria di Aidone (Enna) e, dopo essere stato proclamato Papa, diede incarico di mandarla a prendere e condurre a Roma. Vestita di stracci a causa della sua povertà, il figlio pontefice appena la vide si arrabbiò al punto che maledisse gli abitanti di Aidone che l’avevano trattata in quella maniera dicendo “scintini eritis in saecula saeculorum”, “sarete miserabili (“scintino” è una parola aidonese che indica un poveretto, uno che fa pena) e lo sarete per sempre”. Da allora la cittadina è avvolta nella nebbia per gran parte dell’anno, che gli abitanti attribuiscono proprio alla maledizione di Papa Leone II.
Nella via Garibaldi, dirimpetto al Teatro Vittorio Emanuele II, esisteva un tempo la famosa fonte del Pozzo Leone (da cui la via attuale), così detta in onore del papa messinese Leone II che in quei paraggi aveva la casa di abitazione.
Placido Caraffa, nel suo libro “La chiave d’Italia” del 1670, di lui così scrive: “Vidde poi Messina l’Ecclesiastico Triregno sul capo venerabile di Leone Secondo Suo nobilissimo cittadino figlio di Paolo; che regnò nel Pontificato dieci mesi, e diecisette giorni; uomo di molta sperienza, Santità e dottrina: come può facilmente argomentarsi dall’opere, che ad utilità pubblica scrisse divinamente. Così non doveva all’illustrissima Zancla mancare questa prerogativa, d’essere fortunata Patria di Sommi Pontefici, ascritti nel catalogo de’Santi”. San Leone fu il secondo dei cinque papi che ha avuto la Sicilia, successe ad Agatone e fu pontefice per meno di un anno, dal 17 agosto 682 al 3 luglio 683. Fu poi santificato dalla Chiesa: "siciliano, figlio di Paolo, eloquentissimo, nelle divine scritture sufficientemente perito, esercitatissimo nel greco e nel latino, nel canto e nella salmodia, più che scolastico pulito ed erudito; eccitatore di ogni opera buona, maestro piacevole e carissimo al popolo, amante della povertà e sommamente caritatevole" (Liber Pontificalis del 1955).
Uomo molto colto, le sue lettere scritte in approvazione della decisione del Concilio e in condanna di Onorio, che egli considerava come uno che «profana proditione immaculatem fidem subvertere conatus est», furono così interessanti da essere unite a quelle dei Padri della Chiesa. Istituì "l'aspersione dell'acqua benedetta sui fedeli" e lo "scambio del segno della pace" nella messa, in uso ancora oggi nella Chiesa cattolica. Rifece l'accordo con la Chiesa di Ravenna, la quale rinunciò al privilegio, ottenuto nel 666 con l'imperatore Costante II, di essere indipendente dalla Chiesa di Roma. Nel 682 eresse inoltre in diocesi autonoma quella di Castro, in Puglia. Nel 683 ordinò sacerdote il palermitano Sergio, che nel 687 divenne il terzo Papa siciliano col nome di Sergio I. Sotto il suo pur breve pontificato riuscì a restaurare due chiese: Santa Bibiana, nella quale fece trasferire i corpi dei santi martiri Simplicio, Faustino e Beatrice, che erano sepolti lungo la via di Porto, e, San Giorgio al Velabro. Situata dietro l'arco di Giano, quest'ultima chiesa ha mantenuto sempre quella semplice struttura datale da Leone II. Morì a Roma il 28 giugno o il 3 luglio 683 ed è sepolto in San Pietro. La sua memoria liturgica cade il 3 luglio.