

L’Architettura Manierista a Messina
Con l’architetto Natale Masuccio e il suo Monte di Pietà, l’Architettura Manierista ispirata all’ordine gigante romano fa il suo ingresso, nel sec. XVII, a Messina.
Nato a Messina nel 1561, entra nell'Ordine dei Gesuiti nel 1580 dove studia architettura e ingegneria idraulica, perfezionandosi a Roma. Nominato architetto ufficiale della Provincia gesuitica in Sicilia, gli vengono affidati i lavori per le modifiche dei collegi di Mineo presso Catania e di Caltanissetta. Ancora, a Trapani, progetta la splendida chiesa del Collegio gesuitico. A Palermo, nel 1603, opera sostanziali trasformazioni nella chiesa del Gesù o Casa Professa che era stata costruita nel 1564 e nella sua città, Messina, dal 1604 al 1608 innalza il magnifico Collegio del suo Ordine con annessa chiesa dedicata a San Giovanni Battista. A Messina, nel 1611, redige il progetto di collegamento dell'acquedotto di Camaro con le sorgive del fiume Bordonaro. Alla fine di quell'anno, però, un violento contrasto con il Padre provinciale porta in breve alla sua espulsione dall'Ordine, nel 1616, con l'obbligo di risiedere a Messina. Dove morirà in un torrido giorno d'agosto del 1619, con la sola soddisfazione di aver potuto vedere inaugurato il suo acquedotto, il sabato Santo del 1617, ed aver gettato la prima pietra del monumentale Monte di Pietà, ancora oggi onore e vanto della sua Messina.
L’attività di assistenza e conforto ai condannati a morte della Nobile Arciconfraternita degli Azzurri che fece realizzare il Monte di Pietà, viene messa in pratica per la prima volta il 18 settembre 1542 nei confronti di un condannato alla forca.
Nel 1541 fra’ Egidio Romano dell’Ordine degli Agostiniani Eremitani, durante il Quaresimale nel Duomo di Messina, conduceva una fervente e appassionata predica rivolta in massima parte ai cittadini di ceto nobile presenti, esortandoli a costituire una Confraternita che si occupasse di confortare, accompagnare ed assistere fino alla fine i condannati alla pena capitale, perché non fossero dileggiati dalla plebe durante il percorso al patibolo. Le infuocate parole del predicatore ottennero l’effetto voluto, e, il 10 marzo 1545, la Confraternita iniziò ufficialmente la sua attività, eleggendo a protettrice del pio sodalizio la Madonna Addolorata, intesa popolarmente della Pietà e scegliendo per abito il sacco di colore azzurro, sia perché sottolineasse la mestizia e severità del castigo e sia perché indicasse ai giustiziati la speranza di poter salire al Cielo, dopo sincero pentimento, ciò che fornì il nome di “Azzurri” ai componenti dell’istituzione. Nel 1581 l’Arciconfraternita, poi, fece costruire un primo Monte di Pietà per aiutare i bisognosi esercitando il credito su pegno con un basso tasso d’interesse cui seguirà, a partire dal 1616, l’edificazione del secondo che è quello attuale.
L’edificazione del Monte di Pietà ebbe inizio il 30 luglio 1616 su progetto dell’architetto Natale Masuccio. Dall’andito di accesso coperto con volta a botte con due grandi stanze che lo fiancheggiano, si giunge al bellissimo loggiato a tre arcate coperte da volte a crociera. Nel 1741, in occasione del duecentesimo anniversario della fondazione della Confraternita, nell’ampio cortile esterno venne costruita la monumentale scalinata scenografica con movimenti concavo-convessi, realizzata in soli tre mesi su progetto dell’architetto Antonino Basile e del pittore Cav. Placido Campolo, che conduceva alla sovrastante Chiesa di Santa Maria della Pietà. Sul primo ripiano fu collocata la fonte marmorea con statua muliebre raffigurante la Pietà e intesa anche dell’”Abbondanza”, opera di Ignazio Buceti. Danneggiato nei terremoti del 1783 e 1908, oltre che dai bombardamenti della Seconda guerra mondiale, il complesso architettonico è stato restaurato negli anni Ottanta del Novecento e ancora oggi si può ammirare in tutto il suo splendore, svettante sulla via 24 Maggio. E, con esso, evocare dalle brume del passato storie di miseria e grandezza, di lusso e povertà, di vita e di morte barocca.
(foto Roberto Principato)