LO SAPEVI CHE?
Prima del sisma del 1908, la mattina del Venerdì Santo aveva luogo a Messina la processione delle “Varittedde”, una Via Crucis vivente impersonata da ragazzi in costume.
In passato, durante la Settimana Santa a Messina, le chiese si paravano a lutto, le immagini sacre venivano coperte con panni viola, lo stesso colore del celebrante. Le campane restavano in silenzio, legate in segno di lutto e al loro posto si usavano le “troccole” di legno. Vigeva il divieto per ogni tipo di festa e spettacoli, sospeso anche il transito delle vetture pubbliche e private e i senatori non usavano la superba carrozza senatoria in segno di mestizia. Gli ufficiali portavano il lutto al braccio mentre sentinelle, picchetti e pattuglie di soldati tenevano i fucili capovolti. Le bandiere erano sistemate a mezz’asta nei pubblici uffici e le famiglie messinesi non stendevano la tovaglia bianca sul tavolo per il pranzo, così da mangiare sul nudo legno. Il Giovedì Santo, allora come oggi, è dedicato alla visita ai Sepolcri (“Sapucchi”) col tributo reso ai “lavureddi” di grano, cereali e fagioli. In piatti conservati al buio si “seminano” chicchi di grano, cereali e legumi che poi germogliano, tenuti da nastri colorati e decorati da fiori. Secondo la credenza, le chiese si visitano in numero dispari, tre, cinque o ancor meglio sette, come le sette spade che avevano trafitto il cuore dell’Addolorata.
Prima del sisma del 1908, la mattina del Venerdì Santo aveva luogo a Messina la processione delle “Varittedde”, una Via Crucis vivente impersonata da ragazzi in costume.
Una prima rievocazione della Passione di Gesù venne realizzata a Messina nel 1508 sulla piazza del monastero carmelitano di San Cataldo, durante la visita di Raimondo di Cardona Vicerè di Sicilia e Napoli. A Messina, il termine per designare i gruppi statuari processionali, fu quello di “Barette” e il motivo è legato al fatto che in origine si portavano in processione cinque “machine d’argento e di finissimi cristalli” rappresentanti i misteri dolorosi, dette “bare”: si trattava di un simulacro di bara con il Cristo morto portato a spalla e seguito da altre bare. Ciò avvenne nel 1610, quando l’”Arciconfraternita del SS. Rosario dei Bianchi e della Pace”, fondata nel 1550, insieme a quella dei “Santi Apostoli Simone e Giuda” fondata nel 1554, istituì la processione delle “Barette”. Il Viceré Emanuele Filiberto di Savoia, che nel 1622 ne era rimasto ammirato, concesse una rendita annuale in suo favore. Oggi, la processione delle “Barette” del Venerdì Santo è curata dalla Confraternita del SS. Crocifisso Ritrovato fondata nel 1751, di cui fanno parte i componenti del disciolto “Comitato Battitori” (http://messina.confraternitasscrocifisso.it/).
Le “Barette” messinesi, che nel 1610 erano cinque, si mantennero in tale numero fino al sec. XVIII, quando si aggiunsero altre statue tra cui quella del “Cristo caduto sotto la Croce”, l’”Ecce Homo” e il “Cristo alla colonna”, di autore ignoto vicino ai modi di Frate Umile da Petralia. Nel sec. XIX la processione si arricchì di nuove “Barette” come l'"Ultima Cena" di Matteo Mancuso, grande composizione con tredici statue a grandezza naturale. Alla fine dell’’800 e prima del sisma del 1908 le “Barette” divennero così otto e raffiguravano, nell’ordine processionale, l’”Ultima Cena”; l’”Orazione nell’Orto”; il “Cristo flagellato alla colonna”; l’”Ecce Homo”; il “Cristo sotto la Croce”; il “Crocifisso”; l’”Addolorata” e il “Cristo nella bara”. Nel 1922 si ricostituì la “Confraternita della Pace e dei Bianchi” e grazie ad un comitato presieduto dal cav. Diego Musicò, si restaurarono e si rifecero le “Barette” danneggiate dal movimento tellurico. In quell’anno si svolse la prima processione del dopo terremoto. Nel 1932 venne costruito il “Nuovo Oratorio della Pace” in via 24 Maggio e le “Barette” divennero 11, che è il numero attuale, tutte rifatte tranne l’”Ecce Homo” e il “Cristo flagellato alla colonna”.
(foto Nunzio Di Dio)