

Luogo mistico sospeso fra cielo e terra
La Chiesa-Santuario dei Tre Santi di San Fratello è monumento di interesse nazionale e rappresenta una delle testimonianze della presenza nel Val Demone di monaci di rito greco-latino seguaci di S. Basilio il Grande, arcivescovo di Cesarea di Cappadocia.
Sorge sulla vetta del “Monte Vecchio” (o “Monte San Fratello”), isolata in un sito dalle eccezionali qualità panoramiche e dedicata ai Tre Santi fratelli martiri, Alfio, Filadelfio e Cirino dei quali furono rinvenute le reliquie e i santi proclamati patroni del Borgo. Edificata in epoca normanna tra la fine dell’XI e gli inizi del XII secolo sui resti della precedente chiesa bizantina di Santa Maria Palatiorum, che a sua volta era stata costruita con materiale di spoglio di un tempio greco, nella cripta erano custodite le reliquie dei Tre Santi, oggi nella Chiesa Madre. Luogo di venerazione è un piccolo locale ipogeo, il cosiddetto “Catoio di Santa Tecla”, nobildonna romana nata a Lentini e lì morta il 10 gennaio 264 la cui storia è legata alla sua guarigione dalla paralisi ad opera dei Tre Santi, quando si trovavano nella sua città natale. Nei pressi della Chiesa-Santuario sono stati rinvenuti blocchi di pietra con iscrizioni greche, rocchi di colonne scanalate ed altri elementi architettonici di epoca greco-romana che testimoniano esservi stata lì, probabilmente, l’acropoli dell’antica città di Apollonia. Il 10 Maggio 2020 la Chiesa dei Tre Santi è stata eretta a Santuario Diocesano.
Il 10 maggio, giorno delle festività dei Tre Santi Martiri, una cavalcata sfrenata di circa 200 cavalieri si svolge a San Fratello con i forti e caratteristici cavalli sanfratellani che accompagnano il fercolo di San Filadelfio nel lungo tragitto verso la Chiesa-Santuario dei Tre Santi.
La Chiesa-Santuario dei Tre Santi è ad unica navata con due piccoli vani laterali adibiti a custodire le suppellettili liturgiche e i paramenti sacri (protasis e diaconicon). Sul fianco destro è adiacente il monastero abitato da un frate questuante fino agli anni ’40 del Novecento. Realizzata in grossi blocchi di pietra locale rozzamente squadrati e collocati con listature e rinzeppature in laterizi, gli spigoli sono ulteriormente rinforzati da massi squadrati di pietra provenienti da costruzione molto più antica e qui riutilizzati. La cupola è sostenuta da archetti sovrapposti angolari in mattoni a vista, come tutte le chiese siciliane del periodo normanno e l’unica abside è orientata ad est perché ad est sorge il sole simbolo di Resurrezione, associata al momento solenne della consacrazione del pane e del vino nell’Eucarestia. In origine le pareti in mattoni non avevano decorazioni che furono aggiunte con stucchi in epoche successive, particolarmente in interventi effettuati nel 1676 come documentato da un’iscrizione in un cartiglio con testine di angeli in pietra che sormonta l’architrave del portale d’ingresso. In alto, tre nicchie, in origine ospitavano le statue dei Tre Santi.
I tre Santi e fratelli Alfio, Filadelfio e Cirino, nati a Vaste in Provincia di Lecce, subirono il martirio a Lentini il 10 maggio 253 sotto l’imperatore Treboniano Gallo. Secondo quanto scrive Tommaso Fazello nel XVI secolo, essendo cristiani vennero condotti a Roma, a Napoli, a Messina ed infine a Lentini dove furono martirizzati. I corpi privi di vita vennero gettati in un pozzo vicino alla casa della nobile Tecla che, memore della sua guarigione ottenuta per loro intercessione, li fece seppellire in una piccola grotta nelle vicinanze e nel luogo, nel 261, venne eretto un tempio in loro onore. Nell’827, sbarcati gli arabi in Sicilia, il Vescovo Costantino e Abate del Monastero di San Filippo di Fragalà a Frazzanò, li si rifugiò portando con sé le sacre reliquie. Che dopo alterne vicende furono ritrovate in epoca normanna nei pressi dell’antico abitato di Apollonia (il “Monte Vecchio”), all’interno di casse con pergamene scritte in greco contenenti gli atti della vita e del martirio dei tre santi: furono portate al Monastero di Fragalà che ne destinò una parte alla nuova città di San Fratello che andava sorgendo. Successivamente, anche Lentini ottenne parte delle reliquie.